Si fa sempre più chiaro il quadro dell’inchiesta che nell’autunno scorso ha portato in carcere un monitore del Mendrisiotto, ora accusato di abusi sessuali su sette giovani (all’epoca minorenni). I reati più gravi – si è appreso oggi – non sarebbero avvenuti in palestra, ma per la strada. Il 39enne del Mendrisiotto agiva a volto coperto. Si appostava sul ciglio, e al momento propizio aggrediva le ragazze, scegliendole a caso.
Si parla di due-tre casi, tra tentati e riusciti; compresa la violenza carnale imputatagli dalla procura. È stato proprio quello stupro, a distanza di una decina d’anni, che ha condotto al suo arresto. A incastrarlo non è stata la denuncia della vittima, ma una segnalazione giunta da Berna per l’uso di siti pedopornografici. Le dichiarazioni rese a verbale dall’uomo hanno insospettito gl’inquirenti, tanto da indurli a effettuare una verifica sul dna. Dna che alla fine è risultato coincidere con il profilo genetico dello stupratore rimasto, fino ad allora, ignoto.
Di qui l’avvio dell’inchiesta, che ha poi scoperchiato i soprusi compiuti in seno a due società sportive della regione (nella quali – va detto – non militava più da tempo). Il 39enne, interrogato di nuovo alcuni giorni fa, è parzialmente reo-confesso.
Francesco Lepori
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