I numeri lo dicono in modo molto chiaro: per poter entrare in vigore il nuovo contratto collettivo per il settore della vendita deve raccogliere l'adesione di 1101 negozianti che occupano un totale di almeno 6001 lavoratori. Un quorum ancora lontano per i commercianti: per il momento sono poco più di cento quelli che hanno detto sì. Scettismo e contrarietà non mancano.
“C’è chi dice no per principio, indipendentemente dai contenuti del contratto, e chi ha altre motivazioni o a difficoltà ad adeguarsi agli stipendi minimi introdotti”, spiega alla RSI Paolo Poretti, vicepresidente della Federcommercio ticinese.
Bisogna dunque sensibilizzare tutto un settore che da anni chiede nuove regole. Per riuscirci i negozianti vengono contattati uno per uno da studenti dell'USI che lettera di presentazione e CCL alla mano cercano di raccogliere le adesioni. Adesioni che deve raccogliere anche la parte sindacale, salvo UNIA che non ha aderito, ma in questo caso il quorum è a portata di mano.
“Abbiamo già raggiunto quello dei lavoratori sindacalizzati – spiega infatti ai nostri microfoni Paolo Locatelli, segretario OCST - Abbiamo superato il minimo previsto dalla legge, siamo anche apposto per quello che riguarda il numero di lavoratori assoggettati al contratto grazie alla grande distribuzione”.
E in attesa del quorum dei piccoli commerci in attesa rimane anche il Governo, che dopo il voto popolare era riuscito a mettere d’accordo le parti sociali. “La nostra preoccupazione è quella di dare una risposta in tempo brevi ad un voto popolare”, spiega il ministro delle finanze e dell’economia Christian Vitta: “Se non venissero raccolte le adesioni necessarie, sarebbe una sconfitta per il partenariato sociale: la popolazione e la politica invece la loro parte l’hanno fatta”.
La palla è dunque nel campo della Federcommercio che deve trovare il sostegno tra gli affiliati e che si è data tempo fino a fine anno per raccogliere le adesioni.
Quotidiano/Red.MM
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