Meno utilizzati del previsto, i crediti Covid restano un salvagente per gli imprenditori che contano di poterne usufruire anche in futuro e rappresentano una garanzia di liquidità di fronte all'incertezza. Intanto le banche sono in trattativa per rendere il rimborso più flessibile.
Le linee di credito aperte in Ticino nell'ambito degli aiuti Covid ammontano a 1,3 miliardi di franchi. Una cifra che non è stata interamente utilizzata dalle aziende in difficoltà, come confermano gli istituti bancari: Banca Stato ha aperto 1'398 linee di credito, per un totale di oltre 178 milioni. UBS, invece, ha aperto 1'993 linee di credito, per 216,2 milioni, mentre Credit Suisse ha aperto 883 linee di credito, per 309 milioni.
A distanza di quasi due anni dal lockdown, questa garanzia di liquidità viene comunque sempre ritenuta importante dagli imprenditori. Come confermano ai microfoni della RSI, ad esempio, la ditta di costruzioni Galli, colpita da 5 settimane di lockdown nel 2020, che non aveva esitato a ricorrere ai crediti Covid garantiti dalla Confederazione per coprire costi fissi e parte degli oneri sociali. Anche all'Hotel Tureta di Giubiasco, dove oggi il telefono squilla e un po' di lavoro tutto sommato c'è, nella primavera di due anni fa il clima era ben diverso, tra chiusure e carenza di liquidità.
Tra i rami che più hanno fatto richiesta dei crediti ci sono l'edilizia, la ristorazione, l'alberghiero e i commerci. E chi ha usufruito del prestito, a marzo dovrà iniziare a rimborsarlo. Il termine è di 8 anni.
Nell'attesa di conoscere eventuali nuove regole, gli imprenditori restano però attenti. L'andamento economico degli ultimi due anni, fatto di alti e bassi, restrizioni e riaperture, non dà ancora garanzie. Il salvagente dei crediti, intanto, resta a dispsizione. La speranza è che l'andamento economico non torni burrascoso.