Sono stati condannati martedì alle Assise Criminali a Lugano i due imputati, una coppia di italiani residenti nel Luganese, accusati di aver falsificato un testamento per appropriarsi di oltre 13 milioni di euro. La Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, ha inflitto all’uomo, 63enne, 12 mesi carcere sospesi condizionalmente per due anni; sua moglie – 48 anni – si invece vista infliggere 8 mesi di carcere, pure per lei sospesi con la condizionale per un periodo di prova di due anni.
I due sono stati riconosciuti colpevoli di uso di falsa attestazione, per entrare in possesso della contesa eredità dello zio dell’imputato, un facoltoso imprenditore morto tragicamente nell’aprile del 2008. La falsa attestazione non è però il testamento, ma l’atto che indicava l’imputato quale erede universale. Atto poi presentato alle banche per liberare il denaro.
Marito e moglie, secondo la Corte, non potevano non sapere dei diritti di legittima erede della moglie dell’imprenditore deceduto, e neppure che il testamento era stata impugnato.
Sono invece stati prosciolti dalle accuse di truffa – la banca non ha svolto i necessari controlli e quindi non c’è stato l'astuto inganno – e riciclaggio, mancando per questa fattispecie i presupposti per configurare l’aggravante per mestiere: gli imputati si sono infatti limitati a trasferire il denaro su un conto in Svizzera intestato alla donna.
La pena è stata è stata anche attenuata dal lungo periodo trascorso dai fatti.