Il rinvio dalla Svizzera verso l'Italia di un richiedente asilo eritreo vìola la Convenzione europea contro la tortura. A dirlo - con una decisione formale emessa nei giorni scorsi - è il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, che obbliga la Segreteria di stato della migrazione a rivedere il caso. Secondo l'ONU al richiedente asilo (che è passato dal canton Ticino) non è stato garantito il diritto alla riabilitazione.
Il 31enne eritreo aveva varcato il confine sud per due volte, la prima - come tanti altri - aveva attraversato la Svizzera in treno per poi chiedere asilo nel canton Vaud. La seconda era stato intercettato dalle guardie di confine a Chiasso. L'asilo lo aveva chiesto in Svizzera ma, in virtù della Convenzione di Dublino, era stato rinviato in Italia perché lì era sbarcato.
Adesso, dopo tre anni di battaglia legale, la Segreteria di Stato della migrazione, la Svizzera quindi, dovrà esprimersi sul suo caso. Non l'Italia. Perché con l'espulsione - si legge nella decisione numero 742/2016 del Comitato delle nazioni unite contro la tortura - la Svizzera ha violato tre articoli della Convenzione europea contro la tortura. In sostanza, nonostante diversi rapporti medici testimoniassero le conseguenze fisiche e psichiche delle violenze subite in Eritrea, la Svizzera non ha garantito alla vittima il diritto a una riabilitazione più completa possibile.
Una decisione - quella delle Nazioni Unite - che, in sostanza, costringe la Svizzera a rivedere le sue procedure in materia di Regolamentazione Dublino per quanto riguarda le persone altamente vulnerabili.
"Amnesty International Svizzera stima ci siano almeno altri 60 casi simili, casi che sta seguendo o che ha segnalato alla Segreteria di Stato della migrazione perché molto delicati - spiega Boris Wijkström, avvocato del Centro svizzero per la difesa dei diritti dei migranti, che ha seguito il caso -. Certo stiamo parlando di casi rari, si tratta dell'1% delle persone che vengono espulse dalla Svizzera tramite la Procedura Dublino, ciò non di meno è necessario che le autorità svizzere rivedano le loro procedure in modo da essere certe che le persone vulnerabili non vengano espulse ingiustamente e che i loro diritti fondamentali vengano garantiti".
CSI/F. Calcagno/M. Ang.