Ticino e Grigioni

Ex Macello, è decreto d’abbandono

Non è stata identificata nessuna responsabilità penale in merito ai fatti culminati nella demolizione di parte della sede per quasi vent’anni del centro sociale Il Molino di Lugano

  • 10 dicembre 2021, 08:30
  • 29 giugno 2023, 13:20
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RG 9.00 del 10.12.2021 La diretta di Francesca Torrani

RSI Info 10.12.2021, 10:06

  • tipress
Di: Radiogiornale 09.00/ludoC 

Il procuratore generale Andrea Pagani ha firmato un decreto di abbandono per i fatti culminati, alla fine dello scorso mese di maggio, nella demolizione di parte dell’ex Macello di Lugano, sede per quasi vent’anni del centro sociale il Molino. Questo significa che non sono state riscontrate, da parte della procura, responsabilità di tipo penale.

I reati ipotizzati erano quelli di abuso di autorità, di violazione intenzionale, subordinatamente colposa, delle regole dell'arte edilizia, di infrazione alla Legge federale sulla protezione dell'ambiente e di danneggiamento.

In un comunicato inviato venerdì mattina dal Ministero pubblico, si legge che: "Sulla scorta di una minuziosa ricostruzione dei fatti basata su una trentina di interrogatori, su analisi chimiche dei detriti, su una perizia tecnica circa la pericolosità concreta delle sostanze nocive riscontrate, su fotografie e filmati dell’accaduto e su un attento esame di ogni atto acquisito all'incarto, non sono risultati adempiuti gli elementi costitutivi dei reati ipotizzati".

Le parti in causa hanno ora 10 giorni per decidere se ricorrere contro il decreto di abbandono.

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Richiesto complemento d'inchiesta per il Molino

Il Quotidiano 16.11.2021, 20:00

I dettagli

Il comunicato elenca poi i dettagli che hanno portato il procuratore generale ad emettere questa decisione. Per quanto riguarda il reato di abuso di autorità, in relazione allo sgombero e alla demolizione di parte del centro sociale, si spiega in sintesi che lo sgombero era stato deciso a maggioranza dal Municipio qualora la manifestazione organizzata per il 29 maggio fosse "degenerata" e che quindi il reato di abuso di autorità non può essere contestato neppure al vicecomandante della polizia cantonale che ha ordinato lo sgombero. In merito all'abbattimento, si legge nel comunicato stampa, "l’inchiesta ha permesso di stabilire, in estrema sintesi, che il capo impiego dello Stato Maggiore (costituito per pianificare e gestire lo sgombero) e un ufficiale della polizia comunale di Lugano hanno chiesto alle 21.20 del 29.05.2021 alla capodicastero sicurezza (Karin Valenzano Rossi ,ndr.) l’autorizzazione all’abbattimento del tetto ed eventualmente di una parete di uno stabile. A sua volta la municipale ha ottenuto telefonicamente nei minuti a seguire il consenso al proposto abbattimento parziale da altri tre colleghi d 'Esecutivo". A quel punto, continua la nota del Ministero pubblico, a sgombero ultimato, è stato ordinato di mettere in atto le misure edilizie ipotizzate in quelle ore per evitare la rioccupazione dello stabile da parte degli autogestiti, ovvero una parziale demolizione e il tamponamento di porte e finestre.

Tuttavia, "per un malinteso dovuto ad un claudicante passaggio di informazioni fra il capo impiego del servizio di mantenimento dell’ordine, dapprima, e un Ufficiale dello stato Maggiore, poi, operanti da Bellinzona, e chi, sul terreno a Lugano, era addetto a dirigere l’esecuzione degli ordini, lo stabile in discorso è stato interamente distrutto."

La decisione di demolizione, continua la nota che ripercorre l'inchiesta condotta dal procuratore generale Andrea Pagani, "è stata presa dalla maggioranza del Municipio e non dallo Stato Maggiore che ha prospettato l’intervento. Fatto sta che l’abbattimento parziale è stato suggerito dalla Polizia quale unica soluzione percorribile all’interno di una situazione di crisi e d’urgenza, nell’ambito della quale si è realmente temuto che gli autogestiti, lasciato l’immobile transitoriamente occupato della Fondazione Vanoni (che nel frattempo aveva sporto querela per violazione di domicilio e danneggiamento) tentassero di riprendere possesso degli spazi sgomberati, accedendovi potenzialmente dal tetto in cattivo stato dopo aver ingaggiato uno scontro violento con le forze dell’ordine".

In sintesi, non c'è stata la volontà, secondo Pagani, di recare danno a terzi. "L’intento di tutti, nei frenetici momenti post sgombero e che hanno seguito l’occupazione dell’immobile ex Vanoni, è stato infatti quello di preservare l’incolumità fisica dei manifestanti, degli agenti di Polizia e di terzi in generale - spiega Pagani -. Ritenere che lo stato maggiore e una parte dei municipali abbiano agito con lo scopo di danneggiare gli autogestiti, significherebbe sostenere ciò che l’inchiesta non ha accertato: se così fosse stato, le forze dell’ordine avrebbero proposto l’abbattimento di tutto lo stabile (come approssimativamente ipotizzato il 12.03.2021) e i membri dell’Esecutivo interpellati avrebbero avallato questo provvedimento. Invece è stato prospettato e poi autorizzato “solo” l’abbattimento del tetto ed eventualmente di una parete, ciò che induce a ritenere che l’autorità si sia mossa esclusivamente per garantire l’incolumità fisica dei presenti; credendo, così, di agire conformemente ai propri doveri tesi, in primo luogo, alla salvaguardia dell’integrità di tutti".

Perché, invece di abbattere la struttura, non presidiare il perimetro del centro sociale per evitare una rioccupazione e non ledere i beni degli autogestiti? L'unica alternativa, sostiene ancora il procuratore generale, sarebbe stato un presidio 24 ore su 24, ma la polizia "non sarebbe stata in grado di garantire un simile dispendio di energie sine die".

Per quanto riguarda la violazione delle regole dell'arte edilizia e all'infrazione alla Legge federale sulla protezione dell'ambiente, l'inchiesta ha permesso di stabilire che non sono state create concrete situazioni di pericolo.

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