Il Ministero pubblico grigionese deve designare un altro esperto per far luce sulla gigantesca frana caduta dal Pizzo Cengalo nell'agosto del 2017, quando tre milioni di metri cubi di materiale roccioso, fango e detriti finirono sul fondovalle di Bondo e 8 persone persero la vita.
Le autorità avrebbero dovuto adottare misure preventive e chiudere l'area? Su questo interrogativo verte un procedimento giudiziario in corso ormai da 5 anni. Ma l'esperto designato dalla procura per redigere una perizia geologica è di parte, ha stabilito il Tribunale cantonale.
Più aspetti avevano in questo senso suscitato dubbi. Come su interessi economici, dal momento che questo geologo presiede il consiglio d'amministrazione di una grande impresa, con una succursale nei Grigioni. Ma la società dell'esperto, come reso noto da SRF, aveva partecipazioni in un'azienda che era già attiva nella gestione dei pericoli sul Pizzo Cengalo, prima della frana.
In questa situazione di fatto, "ci sono almeno indizi che, se considerati oggettivamente, danno adito a sfiducia nell'imparzialità dell'esperto" designato dalla procura, afferma la corte motivando la sua decisione.
Il procedimento, trascorsi più di 5 anni dalla catastrofe, deve quindi essere riaperto. Quanto al Ministero pubblico, esso ha preso atto della decisione del Tribunale e l'ha accettata, auspicando che le altre parti coinvolte non la contestino dinanzi al Tribunale federale (TF).
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