Sostenuta da un tasso di crescita per anni molto vicino o superiore all’1%, la Svizzera ha raggiunto nel 2024 i 9 milioni di abitanti, ma supererà mai i 10? Una domanda che divide anche i demografi, in un contesto globale (illustrato in questa prima puntata) in cui la Confederazione in questo secolo viene vista fra i Paesi che reggeranno piuttosto bene il colpo della “transizione demografica”, un fenomeno che - con la riduzione della mortalità e l’allungamento dell’aspettativa di vita, accompagnato da una diminuzione della natalità - porta a un invecchiamento della popolazione e favorisce a lungo termine una sua diminuzione.
La dinamica diversa da uno Stato all’altro, come vedremo fra poco nel dettaglio, si ripropone anche all’interno della Confederazione, sebbene i divari fra chi cresce in modo sensibile e chi meno (o subirà addirittura una frenata) non siano così ampi. E a fronte di una generale diminuzione del numero di figli, il discorso già fatto per i Paesi europei nell’articolo citato vale in larga misura anche per i Cantoni: sia che si parli di flussi internazionali che intercantonali, le migrazioni hanno e avranno un impatto significativo e possono fare la differenza fra chi - demograficamente parlando - se la passa meglio e chi se la passa meno bene.
Ma andiamo con ordine: quali cantoni beneficeranno maggiormente della crescita demografica svizzera e perché? Secondo lo scenario mediano, fra i tre (più due varianti) elaborati dall’Ufficio federale di statistica per il periodo che si estende fino a metà secolo, nel 2050 la Confederazione avrà 10,4 milioni di abitanti, con un incremento di quasi 1,9 milioni rispetto al dato reale del 2019 (+21,73%). In 11 Cantoni l’UST prevede aumenti sopra la media: cantoni polo come Zurigo, Vaud, Ginevra o dell’immediata “periferia” di Zurigo, come Zugo e Argovia, vedranno la loro popolazione crescere di oltre il 30%. In una Svizzera in rapida espansione, due cantoni all’opposto perderebbero abitanti: uno è il Ticino (da 353’000 a 336’000, -4,77%) e l’altro sono i Grigioni (da 198’000 a 191’000, -3,49%).
Di scenario si tratta, va detto, per quanto basato su dati statistici. Sul futuro demografico ticinese, l’USTAT (l’Ufficio cantonale di statistica, lo ricordiamo) è più ottimista del suo corrispettivo federale. “Le differenti combinazioni delle ipotesi su fecondità, mortalità e migrazioni”, si legge nel rapporto uscito in ottobre con i dati fino al 2023 compreso, “hanno portato all’elaborazione di tre scenari” e due di questi sono positivi: nel migliore dei casi il cantone toccherà i 390’000 abitanti nel 2040, in quello medio i 358’000 (poco più di oggi) mentre in quello negativo si scenderà a 327’000.
Ma perché questa differenza? Gli scenari federali e cantonali “sono stati elaborati in momenti diversi”, spiega Danilo Bruno dell’USTAT. Neuchâtel lo ha fatto fra il 2017 e il 2019, in un momento di rallentamento dell’immigrazione, Bellinzona un po’ più tardi con flussi internazionali in ripresa. Sono differenze che “proiettate poi su 30 anni danno divari anche importanti”, spiego Bruno. Con i dati disponibili oggi, dei tre scenari dell’UST “quello che appare più plausibile per il Ticino è quello alto”, spiega l’esperto. In sintesi, l’USTAT stima che il saldo migratorio - e non quello naturale - sosterrà maggiormente l’evoluzione demografica.
Ma cosa dice questo “scenario alto”? Per il 2050 si calcola una popolazione di 368’000 abitanti, con un incremento rispetto al 2019 del 4% circa. Nella medesima tabella di prima, anche in questo caso il Ticino resterebbe nella fascia bassa dei cantoni svizzeri. Come mai?
Il Ticino è “più vecchio” della media nazionale, con un’aspettativa di vita fra le più alte non solo in Svizzera ma persino al mondo: 82,3 anni per gli uomini e 86,6 per le donne. Nel contempo, è uno dei cantoni (una dozzina) dove il saldo naturale è stato negativo nel 2023: 2’390 nascite a fronte di 3’488 decessi, -1’098 abitanti, storicamente uno dei risultati peggiori (il primato spetta al 2020 segnato dalla pandemia), come rileva l’USTAT nel suo rapporto annuale.
Sempre meno bambini
Il segno meno si presenta ormai senza interruzione dal 2012 e il tasso di fecondità (figli per donna in età fertile) si attesta al di sotto dell’1,33 a livello federale. Come testimonia questo grafico, già all’inizio degli anni Ottanta era molto lontano dal 2,1 che assicura la sostituzione alla pari di una generazione con la seguente.
Per la precisione, nel 2023 questo tasso è stato di 1,21: peggio ha fatto solo Basilea Città (1,16), poco meglio i Grigioni (1,25), mentre il record positivo è di Appenzello Interno con 1,56.
Anche se in Ticino i numeri sono particolarmente bassi, la bassa natalità non è comunque una peculiarità ticinese, ma comune a tutto il mondo più sviluppato. Limitandoci alla Confederazione, se si fa il confronto con il 2019 (ultimo anno prepandemico), nel 2023 le nascite in Svizzera sono state quasi 6’000 in meno: un calo del 7% (Ticino e Grigioni si situano fra il 4 e il 6%), con una punta oltre il 17% nel canton Glarona. È un paragone a breve termine e non una tendenza consolidata in queste proporzioni, ma certo è un dato che desta preoccupazione.
Nel contempo, crescono e cresceranno ancora i decessi: detto dei quasi 3’500 nel cantone nel 2023, secondo Danilo Bruno è immaginabile che in futuro si superi la soglia dei 4’000 decessi annui alla fine della vita dei cosiddetti “baby boomer”, una fascia particolarmente ampia della popolazione. I 4’000 decessi erano già stati superati nel 2020, ma per un fattore straordinario, il Covid.
Fra le stime federali e oggi, c’è di mezzo una pandemia ma non solo. Se il dato reale di questi ultimi anni (indicato in blu nel grafico con gli scenari dell’UST poco più in alto) punta all’insù, è in gran parte grazie all’ingresso nella statistica di cittadini ucraini a beneficio di uno statuto S. Nel 2023, 2’158 persone provenienti dall’Ucraina sono divenute residenti permanenti in Ticino. Quale sarà il loro effetto sulla demografia futura è difficile dirlo: sarà la politica a determinare se resteranno a lungo nel nostro Paese o meno.
La popolazione che si sposta
Accanto al saldo naturale, la migrazione è l’altro fattore determinante per l’evoluzione di una popolazione. Il bilancio dei trasferimenti intercantonali è stato un fattore positivo per il Ticino fino al 2011, poi la tendenza si è invertita. In anni come il 2015 il cantone ha perso in questo modo quasi un migliaio di abitanti, ma recentemente la situazione è tornata a migliorare: due saldi leggermente negativi (2021 e 2023) e uno addirittura positivo (+279 individui) nel 2022.
“Forse un effetto del telelavoro dopo la pandemia o di AlpTransit”, ipotizza Bruno, ma non ci sono ancora dati per spiegare questa tendenza. Si può dire però che quello dei trasferimenti intercantonali “non è il fattore principale” per l’evoluzione demografica ticinese. Molto di più, e quasi sempre positivamente, pesano i flussi migratori internazionali, che costituiscono oltre il 90% dell’incremento demografico nazionale illustrato da questo grafico dell’Ufficio federale di statistica.
In Ticino, la differenza fra immigrazione ed emigrazione è arrivata a più riprese oltre le 4’000 unità negli ultimi 20 anni, come evidenziato qui sotto.
Si tratta spesso di persone in età lavorativa, magari con le proprie famiglie e quindi di un fattore che tendenzialmente contribuisce a ringiovanire la popolazione. Al contrario, dei trasferimenti intercantonali. Nel documento più volte citato in precedenza, l’USTAT scrive che “la recente diminuzione delle nascite e la partenza di giovani dal cantone non fanno che accentuare il fenomeno dell’invecchiamento demografico in Ticino”.
Un Paese per vecchi
Riallacciandosi al discorso iniziale, questo effetto della transizione demografica è evidente tanto in Svizzera (e in tutti i cantoni) quanto nel resto d’Europa. La piramide dell’età riportata qui sotto riguarda la Confederazione nel suo insieme. Ha assunto con il passare dei decenni la caratteristica forma a urna.
Attualmente circa il 60% della popolazione elvetica ha fra i 20 e i 64 anni, poco meno del 20% è al di sopra, in pensione.
Questa quota è destinata ad aumentare fortemente in un futuro nemmeno troppo lontano ma ci sono cantoni dove è già superiore alla media. Primo fra tutti proprio il Ticino, dove la fascia rappresentava il 7% della popolazione all’inizio del secolo scorso, a fine 2023 era invece al 24% mentre nel contempo i bambini e ragazzi fino a 15 anni sono passati dal 30 al 12%.
Il calo della popolazione attiva
Tornando agli scenari dell’Ufficio federale di statistica, in quello mediano nel 2050 in un Ticino con 17’000 abitanti meno di oggi le persone in età per lavorare (dai 15 ai 65 anni) diminuirebbero di 45’000 unità, mentre quelle in età da pensione (oltre i 65 anni) aumenterebbero di 33’000. In una ventina di anni raddoppierebbero gli ultraottantenni e triplicherebbero gli ultranovantenni. Da poco più di un centinaio, le persone ultracentenarie arriverebbero a superare il migliaio.
L’aumento dei pensionati e la contrazione della popolazione attiva si verificherebbero anche nel caso in cui si concretizzasse lo scenario demografico più ottimista fra quelli elaborati dall’UST, quello che secondo l’Ufficio statistico cantonale risulta oggi più plausibile. La grande differenza: dal 2035, il numero dei bambini e giovani fino a 15 anni ricomincerebbe ad aumentare.
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