La mobilitazione di lunedì in Ticino dei lavoratori dell’edilizia, in vista dello scadere del contratto nazionale mantello, dà il via a proteste che nelle prossime settimane si estenderanno agli altri Cantoni. Al momento sindacati e padronato sono al muro contro muro (vd. articoli correlati). Qual è quindi la posizione del padronato? SEIDISERA lo ha chiesto al direttore della società degli impresari costruttori ticinesi (SSIC), Nicola Bagnovini:
Partiamo da quello che è successo oggi, di tutte queste persone che sono arrivate sotto la sede della SSIC: come reagisce?
“Un po’ di delusione c'è, perché il contratto nazionale mantello prevede il rispetto della pace assoluta sul lavoro, cosa che i sindacati non hanno rispettato con questa manifestazione. I lavoratori non sono contrari al contratto attuale, anzi sono felici delle prestazioni che hanno però chiaramente con quanto hanno raccontato, ingigantendo delle proposte della società impresari posso capire che hanno avuto un seguito”.
Edilizia, in duemila alla manifestazione
Il Quotidiano 17.10.2022, 21:00
Come è stata la giornata di oggi sui cantieri? Loro parlano di un 80% di cantieri che oggi non sono partiti proprio per via della mobilitazione...
“Quasi tutti i cantieri della pavimentazione sono stati bloccati, però ho sentito parecchie imprese che non hanno avuto nessun problema, soprattutto nelle zone periferiche. Hanno potuto lavorare. Ma questo nulla cambia. Io credo che non sia scioperando o andando in piazza che si risolvono i problemi. Bisogna sedersi e valutare bene la situazione perché sarebbe bello poter concedere (compensazioni del, ndr.) carovita, aumenti e tutto quanto... Ma poi le imprese devono continuare a lavorare sul mercato e anche i committenti devono poter avere dei costi della costruzione ancora abbordabili. Già il costo della costruzione in Svizzera e piuttosto caro, quindi non possiamo più permetterci di aumentare oltremodo le prestazioni e i salari.”
Andiamo un po’ nello specifico delle misure. Adesso c'è questo muro contro muro, oggi si è scesi in strada. Voi quali sono le misure che chiedete?
“Noi chiediamo maggiore flessibilità nello spalmare le ore annuali che rimangono invariate, né uno in più né una in meno, durante l'anno nelle varie settimane, per far fronte in modo elegante anche ai ponti e a determinate situazioni molto particolari. I sindacati hanno tramutato questa proposta in un lavoro su chiamata. Non è assolutamente il caso. Nessuno è interessato a questo genere di attività, quindi il datore di lavoro pianificherà comunque con quattro-cinque settimane di anticipo il lavoro sui cantieri, cantiere per cantiere, perché le esigenze sono spesso poste dai committenti. Sempre più spesso succede di dover lavorare la sera, al sabato, proprio perché si interviene su una via di traffico, sulla ferrovia o sull'autostrada. Quindi le esigenze sono davvero cambiate per poter permettere alla società di muoversi, di spostarsi. Questo richiede comunque una certa flessibilità”.
Lei quanto vede possibile il fatto di arrivare a non rinnovare questo contratto collettivo?
“Saranno mesi non facili. È difficile dire adesso se ci sarà un vuoto contrattuale o no. Bisognerà avere un po’ di flessibilità da ambo le parti per trovare una posizione condivisa. E chiaro che l'atteggiamento e questi scioperi non aiutano, perché automaticamente la tensione al tavolo delle trattative aumenta e questo non è un buon segno. Il dialogo è sempre la via migliore per trovare una soluzione. Lo abbiamo dimostrato in decenni sul contratto cantonale a 60 anni, quindi si è sempre lottato e ognuno ha cercato di salvaguardare i propri interessi, ci mancherebbe altro, però alla fine si è travato una soluzione".
Agitazioni edilizia: parlano gli impresari
Il Quotidiano 17.10.2022, 21:00