"C'è una resistenza non solo da parte della Chiesa (cattolica, ndr) ma anche della politica. Il messaggio dice che il modello da seguire è quello del doppio binario e va bene, le conclusioni no e non sono soddisfatto": Matteo Quadranti commenta così la proposta del Consiglio di Stato di attendere un'intesa con le autorità ecclesiastiche prima di rivedere l'ora di religione nelle scuole ticinesi.
Secondo il deputato del PLR, "il calcolo potrebbe rivelarsi sbagliato" e a passare rischia di essere il cosiddetto modello misto, con l'alternativa fra l'insegnamento confessionale e quello aconfessionale, che in Gran Consiglio godrebbe di un certo appoggio anche se sconfessato dai formatori e diffuso in soli tre cantoni svizzeri.
Un modello quest'ultimo, che in base ai calcoli del Dipartimento sarebbe il più caro: la spesa fra scuole medie e secondarie postobbligatorie aumenterebbe di oltre 3 milioni di franchi rispetto alla situazione attuale. "Non si può farne sempre una questione di soldi, sono tutti costi da verificare e si può trovare un compromesso", replica il suo principale fautore Fiorenzo Dadò (PPD), per il quale "oggi indipendentemente dalle convinzioni personali bisogna dare risposta a una necessità impellente".
"C'è disponibilità all'ascolto", afferma dal canto suo don Rolando Leo, direttore dell'Ufficio dell'insegnamento religioso, "ma oggi non ci sono le condizioni mature per decidere, se rimaniamo con la proposta che ci è stata rivolta e se non allarghiamo il dibattito, che non concerne solo il dialogo fra le chiese o fra Stato e Chiesa". Sì, dunque, a una discussione parlamentare e al limite "che sia il popolo a decidere". Il vescovo, ricorda don Leo, ha sempre difeso il modello misto.
CSI/pon
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