A Davos e dintorni in questi giorni non li vede nessuno, ma ci sono un’ottantina di poveri. Sono 25 famiglie, alcune di migranti, altre di svizzeri. Chiamateli working poor o poveri e basta. E' gente che - non per colpa della quarta rivoluzione industriale, né della “irresponsible leadership” - riceve l’aiuto sociale, che però non sempre basta. Così ogni giovedì pomeriggio, si mettono in fila al Tavolino magico per prendersi quello che gli spetta: patate, verdura, latte. Magari biscotti se la settimana è quella buona.
Ma questo giovedì non è stato distribuito cibo. A Davos, dove i potenti del mondo parlano di come rendere meno feroce la globalizzazione e sconfiggere la povertà, per i poveri ieri non c'erano né patate, né latte e né verdura. A causa di controlli e divieti, Tavolino magico ha sospeso la distribuzione per una settimana. Tempi di trasporto troppo lunghi, ci spiegano.
Poi negli spazi di Oberestrasse dove la merce viene ammucchiata e distribuita questa settimana ci sono militari e polizia. “In Svizzera il sistema sociale funziona, ci sono altre istanze di primo aiuto e assistenza. Inoltre i beneficiari riceveranno più cibo un’altra volta. La situazione insomma non è drammatica”, rassicura la portavoce nazionale di Tavolino magico Mina Dello Buono.
I poveri di Davos non faranno la fame e forse non sono quei poveri del mondo che il WEF cerca di aiutare. Ma chissà che il fallimento di chi vorrebbe ammaestrare una globalizzazione assetata di profitto, non inizi proprio da qui: da una strada bloccata e da un furgoncino che fa un giro in meno.
Davide Paggi
Dal Telegiornale