È da tempo ormai che le autorità, nazionali e internazionali, rendono attenti sui rischi legati alle criptovalute. Aspetti come l’anonimato, l’assenza di enti centrali e la delocalizzazione offerta dalla rete ne fanno uno strumento molto appetibile per chi intende, ad esempio, riciclare soldi sporchi.
Ed è proprio attorno a questo fenomeno che ruota l’inchiesta avviata in Ticino, di cui si è avuto notizia giovedì. Le indagini, coordinate dalla procuratrice pubblica Francesca Nicora, sono partite da alcune denunce per reati finanziari che sarebbero avvenuti in altri Cantoni. Gli accertamenti hanno portato ai conti riconducibili a un cittadino ucraino di 48 anni, residente a Giubiasco. Conti dai quali sarebbero emerse altre operazioni di riciclaggio, ancora più importanti.
Fungendo da intermediario nel settore delle monete virtuali, il 48enne avrebbe contribuito a ripulire somme che la procura ha definito “considerevoli”. Si parla di svariate centinaia di migliaia di franchi. Importi versati appunto in criptovalute, e poi girati sui portafogli di terzi. Il tutto senza disporre delle autorizzazioni necessarie. E quindi – sempre secondo Nicora – senza avere mai effettuato le debite verifiche sulla provenienza dei fondi e sui loro reali beneficiari.
L’uomo (difeso da Davide Ceroni) è finito in manette verso la metà del mese scorso. Nel frattempo ha lasciato il carcere con delle misure sostitutive dell’arresto. Riciclaggio di denaro e carente diligenza in operazioni finanziari i reati ipotizzati nei suoi confronti. Gli inquirenti hanno fermato anche la compagna, pure di nazionalità ucraina. A differenza di lui la 35enne (rappresentata da Walter Zandrini) è potuta tornare subito a piede libero. Entrambi restano comunque sotto inchiesta.

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Notiziario 10.04.2025, 17:00
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