Un ordine del giorno fitto e denso, ma con un tema che svetta sopra gli altri: il salario minimo. Il Gran Consiglio ticinese torna a riunirsi lunedì pomeriggio per l’ultima seduta del 2019 che si protrarrà fino a mercoledì e che vedrà tre partenti tra i deputati: Alex Farinelli, Piero Marchesi e Bruno Storni, eletti in Consiglio nazionale. Al loro posto subentreranno nell’ordine: Paolo Ortelli (PLR), Paolo Pamini (UDC) e Fabrizio Garbani Nerini (PS).
Tra le trattande più importanti figurano certamente l’analisi dei preventivi, per i quali, oltre al rapporto di maggioranza firmato da Lega, PPD e PLR, ne è stato firmato anche uno di minoranza da PS e Verdi, che ritengono insufficienti le risposte date su scuola, socialità, trasporto pubblico ed emergenza climatica in generale, nonostante si riconosca che “perlomeno le problematiche vengano affrontate”. Contestate in particolare anche le perdite fiscali previste dai nuovi sgravi decisi recentemente dal Legislativo con l’approvazione dell’ultima riforma fiscale.
Dibattiti ridotti sono poi previsti anche sulla richiesta del MpS di costituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle residenze fittizie dei manager della “fashion valley” (contrari PPD, Lega e PLR, favorevoli PS e Verdi), sui rendiconti dei mandati di prestazione tra Cantone e USI e SUPSI, ma anche sulle tre iniziative cantonali per migliorare l’adeguatezza dei premi di cassa malati. Si discuterà anche dei conti di Banca Stato, di quelli dell’Azienda cantonale dei rifiuti e dei nuovi contributi destinati alla politica regionale. Spazio anche alla creazione delle basi legali per l’attuazione della mozione “Vincolare l’adesione a un CCL per gli enti beneficiari di contratti di prestazione” e alle modifiche alla legge sulle aggregazioni che permetterebbe eccezionalmente fusioni tra enti locali non contigui.
Modem del 09.12.2019 - Il salario minimo in Gran Consiglio
RSI Info 09.12.2019, 12:59
Contenuto audio
Salario minimo: tra compromesso ed emendamenti
Il piatto forte come detto è però rappresentato dal salario minimo: a quattro anni e mezzo dal voto dell’iniziativa dei Verdi è stato infatti trovato un compromesso in Commissione della gestione tra Verdi, PS, Lega e PPD per un’applicazione progressiva di una forchetta che va da 19.75 a 20.25 franchi all’ora. Nella discussione, in agenda o martedì o al più tardi mercoledì, è prevista una pioggia di emendamenti. Dalla richiesta dell'UDC di vincolare l'entrata in vigore del salario minimo all'applicazione della preferenza indigena, a quella del PLR di anticiparne l'introduzione di sei mesi, ma con un ammontare più basso, controllando quali effetti questa misura potrà avere sull'economia cantonale. O ancora le 24 proposte dell'Mps, tra le quali spiccano l'introduzione di un salario minimo ben più alto e la sua estensione anche ai settori in cui è in vigore un Contratto collettivo di lavoro con stipendi minimi inferiori. Insomma, la discussione sarà accesa e questa mattina a Modem, su Rete1, se ne è già avuto un primo assaggio.
Tra gli ospiti del programma di approfondimento il leghista Michele Guerra, tra gli artefici in gestione del compromesso, che ha sottolineato come sia il “momento di un correttivo per arginare la sostituzione della manodopera indigena, il dumping salariale e il costante aumento di frontalieri”. Per Guerra il compromesso risponde quindi alla richiesta fatta dal popolo nel 2015, tenuto in debito conto anche delle esigenze dell’economia, e quindi la “maggioranza terrà” nonostante le tante critiche interne ai partiti che hanno firmato il rapporto.
Maretta che è emersa anche e soprattutto in casa degli ecologisti, dove per la commissaria della gestione Samantha Bourgoin “ci si è scontrati con le aspettative (21/21.50), che sono una cosa, e la realtà che è un’altra”. Il compromesso per Bourgoin è stato quindi fondamentale per fermare le cifre al ribasso che la commissione stava sdoganando avvallando la proposta del Governo (18.75-19.25 con partenza da 16.46).
La capogruppo del PLR Alessandra Gianella ha invece spiegato che i liberali non hanno firmato il rapporto non per un problema di cifre, ma perché chiedono maggiori verifiche prima di adottare gli scalini annuali, in particolare già prima di applicare il primo scatto. “Vogliamo capire se il nuovo minimo può generare effetti come il livellamento verso il basso generale dei salari dei residenti, andando a favorire di fatto solo i frontalieri”.
Una paura in parte condivisa anche dal Movimento per il socialismo, da cui giungerà una vera e propria "pioggia” di emendamenti. “La norma costituzionale votata – ha spiegato la deputata Angelica Lepori – dice che il ‘salario deve garantire un tenore di vita dignitoso’, io credo che sia scandaloso che persone che guadagnano il doppio se non il triplo di questa cifra dicano che si possa averlo con valori che si aggirano intorno ai 3'200 franchi”. Per l’MpS, con questi numeri, è quindi concreto il rischio “di spingere i salari verso il basso, perché si rende legale lavorare a tempo pieno per un salario vicino ai 3'000 franchi.” Lepori ha infine fatto notare come a Ginevra, “cantone con una situazione sul mercato del lavoro simile alla nostra, si sta discutendo di cifre intorno ai 23-24 franchi (proposta respinta in Gran Consiglio, ndr)”.
Gran Consiglio ticinese
Il Quotidiano 09.12.2019, 20:00