Patti chiari

Verdi di rabbia

La protesta dei ticinesi costretti a svendere l’energia prodotta in surplus

  • 12 febbraio, 19:10
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  • archivio Keystone

Disappunto, amarezza e delusione. Sono i sentimenti di molti cittadini che, tra il 2022 e il 2023, hanno approfittato delle sovvenzioni pubbliche per installare impianti fotovoltaici.

Un investimento – decine di migliaia di franchi – che vale sicuramente la pena dal punto di vista ambientale, e che può avere i suoi benefici effetti anche sul borsellino: chi produce da sé l’energia, infatti, non deve più acquistarla dalle aziende elettriche, o deve acquistarne molta meno.

E non è tutto: se il proprio impianto solare produce più energia di quella che si utilizza, si può addirittura rivendere l’eccesso. Come? Chi ha usufruito degli incentivi pubblici deve rivenderla all’AET, l’azienda elettrica del Cantone. Chi non ha usufruito di sovvenzioni può scegliere invece, tra le varie aziende elettriche sul mercato, quella che paga meglio.

Un affare, insomma, soprattutto con i prezzi dell’energia elettrica nel 2022, quando l’AET remunerava con 22 centesimi al kilowattora l’energia pulita che acquistava dai privati.

E adesso?

Oggi le cose sono alquanto cambiate. E nel mirino delle critiche è finita soprattutto l’azienda elettrica cantonale.

La cosiddetta “tariffa di remunerazione “dell’AET è passata da 22 a 7 centesimi al kilowattora, con punte al ribasso – come quella toccata la scorsa estate – che hanno sfiorato addirittura i 3 centesimi.

E così, mentre l’energia venduta all’AET veniva pagata sempre meno, ad aumentare sono stati malumori e domande: ma come è possibile? E perché l’energia pulita venduta dai privati all’AET viene pagata 7 centesimi al kilowattora, ma se gli stessi privati devono acquistare energia dall’AET la pagano circa 5 volte tanto? E ancora: perché altre aziende elettriche offrono tariffe di remunerazione molto migliori?

Insomma: per molti cittadini i conti non tornano.

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