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Massimo Troisi e la musica

Il 19 febbraio 2023 ricorrono i 70 anni dalla nascita di Massimo Troisi, grande e compianto attore e comico napoletano

  • 17 febbraio 2023, 17:08
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Di: Sergio De Laurentiis 

Fa una certa impressione pensare che sono passati quasi trent’anni da quando Massimo Troisi se n’è andato. Chi lo seguiva, chi lo ammirava, chi amava quella bella faccia, quel sorriso, quella voce e quegli occhi ironici e malinconici, probabilmente ricorda ancora adesso dove era quel 4 giugno del 1994 quando sentì la notizia della sua scomparsa, e ricorda bene il senso di spaesamento, l’incredulità. Sulla scorta della bella Lettera a Troisi composta da Alessandro De Rosa per gli Arpeggi di Rete Due, ripercorriamo alcune tappe della carriera del grande attore, con un occhio di riguardo per il suo rapporto con la musica.

Primi passi

Il grande pubblico scopre questo attore allampanato, dalla folta capigliatura e dalla parlata vagamente nasale, incerta ma intrigante - anche se per molti poco comprensibile – in un programma televisivo della fine degli anni ’70, “Non stop”. È una trasmissione strana, innovativa. Prevede comici, balletti e musicisti che si esibivano per il pubblico in sala. “E di grazia, dove sarebbe l’innovazione?”. Beh, la novità sta nel fatto che manca un elemento apparentemente indispensabile: il conduttore.

“Non stop” è una fucina di talenti eccezionale, tiene a battesimo gente come Carlo Verdone, Francesco Nuti. Ci sono anche tre ragazzi napoletani che parlano con San Gennaro, a volte addirittura con Dio, scherzano sulla Natività (a proposito, per questo sketch si beccano una denuncia per “vilipendio alla religione di Stato”, roba tosta. Questo è il resoconto del processo. Il giudice chiese: "Volevate vilipendere la religione di Stato?" No, era solo un pezzo comico. "Va bene, andate". Cabaret puro). Insomma, sono napoletani fino al midollo ma sono strani. I clichés su Napoli ci sono tutti, sì, ma i tre de “La Smorfia” – Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro - li trattano in maniera diversa, in chiave surreale.

In una puntata tra gli ospiti musicali c’è un certo Pino Daniele. Pure lui è un napoletano strano. Ama la canzone tradizionale ma adora anche il blues. E quindi cosa fa con questi ingredienti? Semplice, li unisce. Due napoletani strani che si incontrano in uno studio televisivo a Roma e che entrano subito in sintonia: nasce così l’amicizia tra due artisti unici, grandi come pochi.

Massimo e Pino

I frutti artistici dell’amicizia vedono presto la luce. Massimo sente che la formula della Smorfia gli va stretta e quindi prosegue per la sua strada, da solo. Non c’è solo il teatro e il cabaret, lo attira anche il cinema. Il debutto, nel 1981, fa subito il botto: “Ricomincio da tre” conquista tutti, pubblico e critica. E la musica chi la scrive? L’amico Pino, ovvio.

Le collaborazioni fra i due sono poche ma buone, tutte all’insegna dell’eccellenza. Nell’elenco figurano altre due colonne sonore (“Le vie del Signore sono finite” nel 1987 e “Pensavo fosse amore…invece era un calesse” nel 1991) e alcune canzoni centellinate con sapienza. Nella versione di Saglie Saglie ripresa nel ’91, e in particolare nel ritornello, Troisi fa da controcanto (anzi sarebbe meglio definirlo un controrecitato). In un’altra lui scrive il testo - la poesia è una sua grande passione - e Pino Daniele fa naturalmente la sua parte componendo la musica. ’O ssaje comme fa ‘o core, lo sai come fa il cuore, è un gioiello di raffinatezza e di sensibilità, tutto incentrato sulla testardaggine e sulla fragilità del cuore (e a questo proposito è impossibile non segnalare che i due amici purtroppo avevano in comune la stessa patologia, un cuore difettoso).

E dulcis in fundo c’è una canzone in cui l’apporto di Troisi sarà anche minimo ma fa la differenza. Perché, con tutto il rispetto, “tutto il giorno per vederti ballare” suona bene, ok, ma “tutto il giorno per vederti andar via” è dieci volte meglio. E ancora: “fra i ricordi di una vita normale” funziona, non è male, ma “fra i ricordi e questa strana follia” è sublime. Due correzioni e una canzone bellissima – Quando, scritta da Pino Daniele per “Pensavo fosse amore….”, il penultimo film di Troisi - diventa un capolavoro.

Massimo e la musica

Chi ama la poesia non può non amare la musica, e Troisi non fa eccezione. Pur non suonando uno strumento ha una musicalità, un senso della bellezza in musica fuori dal comune. I suoni che escono dalla sua bocca, il ritmo rilassato, un po’ a scatti della sua parlata sono quelli di un jazzista della west coast, lo stile è cool, niente a che fare con il nervosismo, la frenesia, l’urgenza del bebop.

In alcuni casi la musica fornisce spunti straordinari all’attore Troisi. Tanto per intenderci, la scena in cui “compone” Yesterday è uno dei tanti motivi per cui “Non ci resta che piangere” ha ancora oggi falangi di fan senza-se-e-senza-ma.

Nel suo ultimo film, il Postino, la musica ha un ruolo centrale, tanto centrale che si merita l’Oscar per la colonna sonora Luis Bacalov (e di Riccardo Del Turco, Paolo Margheri e Sergio Endrigo, come stabilì il giudice alla fine di una lunga discordia legale per l’accusa di plagio intentata dai tre nei confronti del compositore italo-argentino, ma questa è un’altra storia…). Nel Postino la musica diventa una vera e propria co-protagonista che accompagna, segue, sottolinea le avventure del postino Mario Ruoppolo e della sua bicicletta, alla scoperta della poesia e del meraviglioso mondo delle metafore (le reti tristi dei pescatori). Poesia e metafore che quel giovane allampanato nato a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio 1953 ha dispensato, per nostra gioia, a piene mani.

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