Stanno facendo discutere, e suscitano preoccupazione, i nuovi termini relativi alla privacy di WhatsApp - la popolare applicazione di messaggistica di proprietà di Facebook. Perché? Perché prevedono la condivisione dei dati tra i due giganti del web.
Se nel resto del mondo le nuove regole entreranno in vigore dall'8 febbraio, in Europa e in Svizzera, però, non sarà così, grazie alle leggi che proteggono la privacy dei cittadini. Ma comunque non c'è di che stare tranquilli.
Qualche giorno fa sui nostri smarphone è arrivato un messaggio: WhatsApp aggiornerà i propri termini sulla privacy, e ci chiede di accettare, altrimenti non potremo più utilizzarlo. L’applicazione intende condividere più dati con Facebook. Anche se in Svizzera e nell'Unione Europea, al momento, siamo protetti dalle leggi, secondo François Charlet, presidente dell’Associazione svizzera dei responsabili della protezione dei dati, c’è da preoccuparsi.
"Prima di essere acquistata da Facebook, WhatsApp assicurava che la protezione dei dati fosse nel loro DNA. Poi improvvisamente sono stati comprati da Facebook: l'azienda non ha alcun interesse a mantenere una confidenzialità assoluta, perché altrimenti non potrebbe ammortizzare l’acquisto miliardario del 2014", spiega François Charlet.
Facebook ha sborsato 22 miliardi di dollari, ma la questione è che WhatsApp ancora oggi rimane un’applicazione gratuta e senza pubblicità, che non guadagna molto. Quello che sta facendo il gigante americano ora è capire come monetizzare, senza spaventare gli utenti. "Come una volpe che vuole mangiare la gallina, Facebook con WhatsApp continua a girarci attorno cercando di capire come mangiarci senza prima farci scappare", spiega Charlet.
Una fuga, in effetti, negli ultimi giorni c’è già stata. Gli altri servizi di messaggistica, Signal e Telegram, hanno registrato un record di iscrizioni, più di 30 milioni, ma rimangono una goccia d’acqua nell’oceano di WhatsApp, fatto di più di 2miliardi di utenti.
L'avvocato torinese esperto di protezione dei dati personali, Enrico Ferraris, che ha letto a fondo i nuovi termini di servizio, confrontandoli a quelli precedenti, smorza un po' i toni. Di fatto in Europa cambia davvero poco, per ora, ma bisogna essere utenti consapevoli.
"Per il momento bisogna usarlo essendo consci che i dati, non le conversazioni, ma i dati e il fatto che tu hai parlato con me, o tua sorella, sono nelle mani di un grosso gruppo, che è più grosso di molti Stati anche a livello di fatturato, e che non è nuovo a scandali", sottolinea Ferraris.