“Da deterrenza e prevenzione a vera e propria preparazione al combattimento”. I media cinesi descrivono così l’apparente salto di qualità delle nuove esercitazioni militari lanciate intorno a Taiwan. Obiettivo: avvicinarsi all’isola rivendicata come parte del proprio territorio. Al contrario delle grandi manovre effettuate nel recente passato, queste non hanno un nome ufficiale. Niente “Spada Congiunta 2024A” o “Spada Congiunta 2024B”. Il motivo, secondo esperti di difesa cinesi citati dalla televisione di Stato, è la “regolarizzazione” di esercitazioni di questo tipo nel “new normal” in fase di costante aggiornamento sullo Stretto. Eppure, una parola chiave diffusa un po’ ovunque per identificare le manovre c’è: 進逼, cioè “avanzare”. I due caratteri appaiono sopra un’immagine di Taiwan, nel manifesto pubblicato dal Comando del Teatro Orientale dell’Esercito Popolare di Liberazione. Dispiegate forze dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e della Forza missilistica, accompagnate da navi e aerei per avvicinarsi all’isola da più direzioni. Coinvolta anche la portaerei Shandong, che si sarebbe avvicinata come mai prima alle coste taiwanesi.
Secondo l’esercito cinese, sono state effettuate “pattuglie marittime e aeree di prontezza al combattimento, azioni di acquisizione di un controllo completo, simulazioni di attacco contro obiettivi marittimi e terrestri, blocco di regioni e passaggi chiave”. Presidiate anche le acque a est, per creare un effetto accerchiamento che trasforma simbolicamente in un mare interno lo Stretto che divide l’isola dalla Cina continentale. L’esercito taiwanese si è attivato per monitorare le manovre rivali, con grande attenzione nei pressi delle 24 miglia nautiche. Qui, al confine che segna l’ingresso nelle acque contigue dell’isola, si sono avvicinate anche navi della guardia costiera cinese. Un modo per rafforzare la pretesa di sovranità.
Le nuove manovre, che Pechino ha definito un avvertimento alle forze indipendentiste, sono una risposta a diverse dinamiche interne e internazionali. La prima, più evidente e citata esplicitamente dalle autorità cinesi, è il recente annuncio di un nuovo piano anti infiltrazioni da parte di Lai Ching-te, il presidente taiwanese che Pechino considera un “secessionista”. Rispondendo a un netto aumento di casi di spionaggio all’interno delle forze armate, Lai ha proposto il ritorno dei tribunali militari, istituzione che era stata abolita nel 2013 proprio dopo numerose proteste del suo partito, che li vedeva come un simbolo dell’epoca della legge marziale di Chiang Kai-shek. Nel mirino anche gli influencer. Proprio nel giorno delle esercitazioni, le autorità taiwanesi hanno deportato una donna cinese, colpevole di aver pubblicato dei video su Douyin (il TikTok cinese) in cui auspica la “riunificazione”, con riferimenti anche all’opzione militare. Altre due donne cinesi, sposate con uomini taiwanesi e residenti sull’isola insieme ai figli, hanno dovuto lasciare Taiwan. Annunciando il suo piano anti infiltrazioni, Lai ha definito la Cina una “forza straniera ostile”, una svolta retorica che da Pechino è stata letta come una “provocazione” che toglie ambiguità allo status irrisolto di Taiwan.
La retorica con cui è stato annunciato il nuovo round di esercitazioni è stata particolarmente enfatica. Sono stati diffusi diversi video o grafiche che prendono di mira direttamente Lai, definendolo un “parassita che avvelena Taiwan”, portandola verso la “distruzione”. In un caso, la caricatura del presidente taiwanese emerge dal sottosuolo nei pressi della città di Tainan, città dove era stato sindaco e tradizionale bastione filo indipendentista, per poi diffondersi insieme al colore verde come una sorta di “virus” verso il nord dell’isola, colorato di blu. I colori non sono casuali. Il verde rappresenta tradizionalmente il Partito Progressista Democratico (DPP) al governo, mentre il blu caratterizza l’opposizione del Kuomintang (KMT), che ha posizioni dialoganti con Pechino. Non è una sorpresa, visto che in passato media e funzionari cinesi hanno definito più volte il DPP come un “tumore” che si diffonde su Taiwan, promuovendo quella che il Partito Comunista Cinese chiama “desinizzazione”. In altro materiale di propaganda, appaiono inusuali riferimenti alla politica interna taiwanese, in cui si sostiene che la democrazia dell’isola sia una sorta di “dittatura mascherata” sotto il segno del “terrore verde”, con riferimento al “terrore bianco”. Vale a dire la lunga era della legge marziale. Altrove si fa invece riferimento al popolare videogioco Black Myth Wukong, ispirato al classico della letteratura cinese “Viaggio in occidente”.
La tendenza alla personalizzazione era meno marcata durante l’amministrazione di Tsai Ing-wen, ex leader dello stesso partito di Lai ma attestata su posizioni più moderate. Concentrarsi sulla figura di Lai è funzionale agli scopi di Pechino per diverse ragioni. Primo: ribadisce ai taiwanesi che il problema è lui e che qualora si scegliessero un altro leader i rapporti sarebbero migliori. Secondo: comunica ai cinesi continentali che il progetto di riunificazione con Taiwan sta andando avanti e se ancora non si è compiuto è responsabilità di un “piccolo gruppo” di indipendentisti. Terzo: segnala all’esterno che Lai è un “piantagrane” che costringe Pechino a erodere lo status quo. Poco importa che la realtà sia più complicata di così, questo serve al Partito comunista per rivendicare il controllo di tempistiche e modalità di “risoluzione” del “problema”.

"La Svizzera deve sostenere maggiormente Taiwan"
RSI Info 10.02.2023, 11:52
Era diventata una necessità dopo che sui social cinesi in molti avevano criticato la sostanziale assenza di reazione al discorso di Lai, invitando il governo a passare all’azione. Pechino aveva dunque bisogno di reagire per mostrare forza all’opinione pubblica interna. Si sono attese due settimane anche per far combaciare le esercitazioni con un’altra dinamica internazionale. Nei giorni scorsi il segretario alla difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth è stato nelle Filippine e in Giappone, da dove ha definito indispensabile il ruolo dei due paesi nel contenimento della Cina e della difesa di Taiwan. In attesa di un potenziale ma non ancora fissato vertice con Donald Trump, il presidente cinese Xi Jinping aveva bisogno di segnalare a quello statunitense che la Cina è pronta a negoziare su tutto, ma non su Taiwan.
A Taiwan la vita prosegue regolarmente e non c’è nessun panico. Anzi, la borsa ha chiuso con un +2,82 per cento, la migliore in Asia, dopo il crollo del giorno precedente a causa dei timori sui dazi reciproci della Casa Bianca. E le esercitazioni sembrano destinate a favorire proprio Lai, che internamente deve far fronte a un parlamento controllato dall’opposizione. Nei giorni scorsi, sull’isola c’erano state diverse polemiche per il caso delle influencer cinesi, con 75 accademici che hanno criticato la presunta “erosione della libertà di parola”, ma anche per la campagna della maggioranza per la rimozione dei deputati del KMT, accusati di ostruzionismo e di aver tagliato parti rilevanti del budget 2025. Le nuove esercitazioni sembrano destinate a mettere il dibattito in secondo piano e dare a Lai la possibilità di presentarsi come “grande difensore” di Taiwan. D’altronde, diversi precedenti mostrano che più la Cina tira fuori i muscoli e più i taiwanesi se ne allontanano.