Economia e Finanza

Così la Cina punta all’autosufficienza energetica

Dalle “Due sessioni” di Pechino emerge l’obiettivo di non importare più petrolio entro 20 anni, grazie a rinnovabili e “nuove forze produttive”

  • Oggi, 09:50
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Il Panda power plant a Datong realizzato nel 2017

Di: Lorenzo Lamperti (da Taiwan) 

“Entro 20 anni, la Cina potrebbe non avere più bisogno di importare petrolio greggio”. Un’affermazione diventata virale sui social cinesi, pronunciata durante le “Due sessioni”, le riunioni plenarie annuali dell’Assemblea Nazionale del Popolo (quanto di più simile c’è nella Repubblica Popolare a un parlamento) e della Conferenza Politica Consultiva del Popolo. A fissare i termini del raggiungimento di una completa autosufficienza energetica non è un nome qualunque, ma il deputato Liu Hanyuan, miliardario e fondatore del colosso dell’energia solare Tongwei Group.

“La Cina è completamente attrezzata per sostituire gli oltre 500 milioni di tonnellate di petrolio greggio consumati ogni anno in circa due decenni”, ha affermato Liu. Secondo le sue stime, entro il 2045 la capacità installata di energia rinnovabile in Cina e le relative infrastrutture di stoccaggio e di rete avranno un’intensità di investimento annua media compresa tra i 10 e i 20 trilioni di yuan, l’equivalente di 1,4 - 2,8 trilioni di dollari statunitensi. Un’enormità. Ciò non solo aiuterebbe la Cina a raggiungere la neutralità carbonica con un anticipo di 5-10 anni rispetto all’obiettivo del 2060, ma anche a completare la trasformazione del suo modello economico, emancipandosi da un settore immobiliare in profonda crisi e venendo trainata dal motore della nuova energia.

Per il Partito comunista cinese, non si tratta solo di ridurre le emissioni, ma c’è una forte connessione con la sicurezza nazionale. Nella visione olistica di Xi Jinping, l’autosufficienza tecnologica e l’autosufficienza energetica sono due facce della stessa medaglia, due obiettivi il cui perseguimento va accelerato per schermare la Cina dalle “turbolenze esterne”. Il riferimento è a dazi, sanzioni, restrizioni alle catene di approvvigionamento e incertezze geopolitiche. A Pechino è ancora fresco il ricordo della grave crisi energetica dell’estate 2021, quando in diverse zone del Paese le autorità locali erano state costrette a razionamenti energetici che avevano creato forti disagi sociali, nonché rilevanti ripercussioni sulla produzione industriale. Rischi che Xi non si può permettere, con un’economia mai ripartita del tutto dopo la pandemia di Covid-19 e l’incombente minaccia di una nuova guerra commerciale con gli Stati Uniti di Donald Trump.

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Ma come può riuscire la Cina a realizzare l’ambizioso obiettivo prefigurato da Liu? Oggi, la potenza asiatica è il più grande importatore di petrolio greggio al mondo, mentre la Russia è il principale fornitore, seguita dall’Arabia Saudita. Nel 2024, Pechino ha importato 553 milioni di tonnellate di greggio per un valore di 325 miliardi di dollari in riserve valutarie lo scorso anno. E questa dipendenza dalle importazioni continua a rappresentare un rischio per la sicurezza energetica nazionale. Ma, parallelamente, c’è stata un’esponenziale crescita degli investimenti sulle rinnovabili. Lo scorso anno, la Cina ha raggiunto una capacità solare installata cumulativa di oltre 886 gigawatt, quasi la metà dei circa 2’000 GW installati a livello globale. L’industria fotovoltaica cinese rappresenta oltre l’85% della quota di mercato globale, con il costo di produzione più basso al mondo. Secondo un recente report di Global Energy Monitor, la Cina ha ulteriori 180 gigawatt di energia solare su scala pubblica in costruzione e 159 gigawatt di energia eolica. Questo porta il totale combinato a 339 gigawatt. Per avere un paragone, basti pensare che negli Stati uniti i gigawatt in costruzione sono appena 40.

Ricorso al carbone in calo

L’energia pulita ha generato il 44% dell’elettricità cinese nel maggio 2024, facendo scendere la quota del carbone al minimo storico del 53%, nonostante la continua crescita della domanda. Il carbone ha perso 7 punti percentuali rispetto al maggio 2023, quando rappresentava il 60% della generazione in Cina. Secondo Carbon Brief, se l’attuale rapida diffusione dell’eolico e del solare continuerà, è probabile che la produzione di CO2 della Cina continui a diminuire, rendendo il 2024 l’anno di picco per le emissioni.

Certo, resta ancora strada da fare. Tra il 2020 e il 2023, il 30% della crescita del consumo energetico è stato coperto da fonti rinnovabili, rispetto all’obiettivo del 50%. Secondo il nuovo report biennale del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea) e del Global Energy Monitor (GEM), nel 2024 Pechino ha approvato 66,7 gigawatt di nuova capacità di produzione di energia elettrica a carbone. Per accelerare la sostituzione dei combustibili fossili, si punta ora sul miglioramento del sistema di stoccaggio. Non a caso, lo scorso anno sono stati investiti 11 miliardi di dollari in batterie agli ioni di litio, con un aumento del 364% rispetto all’anno precedente.

Tre nuove industrie: fotovoltaico, batterie e veicoli elettrici

Si tratta di un passaggio fondamentale, secondo Liu, che ritiene cruciale il ruolo delle “tre nuove industrie”: fotovoltaico, batterie e veicoli elettrici. Il tutto rientra sotto il grande ombrello delle “nuove forze produttive”, il mantra che Xi ha coniato nell’autunno 2023. Ci si riferisce ai chip, all’intelligenza artificiale e soprattutto all’industria tecnologica verde. Sono loro, nella visione del presidente cinese, a dover fare da traino verso uno sviluppo di alta qualità che sia in grado anche di favorire l’autosufficienza tecnologica ed energetica, con la messa in sicurezza delle catene di approvvigionamento.

A luglio 2024, per la prima volta le vendite di veicoli a nuova energia hanno superato le vendite di veicoli tradizionali. In tre anni si è passati da una quota di mercato del 7% al 51% grazie a un’ampia politica di sussidi e tagli fiscali.

Oltre il 90% dei pannelli solari importati in Unione Europea provengono dalla Cina, che ora si prepara a prendere misure ancora più ambiziose in vista del nuovo piano quinquennale 2026-2030, che verrà finalizzato nei prossimi mesi. Si mira a una ulteriore accelerazione della produzione di energia rinnovabile nazionale, a partire da quella solare.

Una centrale elettrica spaziale

Gli scienziati cinesi stanno persino lavorando alla progettazione di una “nuova Diga delle Tre Gole sopra la Terra”. Il riferimento è all’opera simbolo dell’ingegneria della Cina, la Diga delle Tre Gole appunto, costruita sul fiume Azzurro e più grande infrastruttura idroelettrica al mondo.

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La diga delle Tre Gole sul Fiume Azzurro nella provincia di Hubei è il cuore dell'impianto idroelettrico più potente al mondo

  • Archivio Keystone

L’idea, dai toni apparentemente fantascientifici, è quella di approntare una stazione spaziale in grado di raccogliere l’energia dal sole nell’orbita terrestre e a trasmetterla a terra tramite raggi a microonde per fornire energia continua.  

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