Analisi

Dazi, la risposta “a metà” di Pechino 

La Cina vuole evitare un’escalation con gli USA ma senza sottrarsi al confronto – Tutte le misure decise e la volontà di capitalizzare la sfiducia internazionale verso Washington

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Donald Trump e l'impatto dei dazi

SEIDISERA 04.03.2025, 18:00

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Di: Lorenzo Lamperti 

Cina e Stati Uniti fanno un altro passo verso una guerra commerciale che potrebbe non essere ancora inevitabile. Come già accaduto a febbraio dopo il primo round di dazi aggiuntivi del 10% imposti da Donald Trump su tutte le importazioni dalla Cina, il governo di Pechino ha risposto in maniera tempestiva. Il ministero del Commercio ha atteso l’entrata in vigore dei nuovi dazi della Casa Bianca, che portano le tasse aggiuntive al 20%, per poi annunciare un pacchetto di contromisure. Come la prima volta, si tratta di ritorsioni mirate. Se i dazi della Casa Bianca colpiscono indiscriminatamente tutti i prodotti cinesi, quelli di Pechino coinvolgono solo dei settori specifici. Dopo petrolio e gas, stavolta tocca all’industria agroalimentare.

Da lunedì 10 marzo tasse del 15% più salate su pollo, grano, mais e cotone – e del 10% su soia, sorgo, carne di maiale, manzo, frutta, verdura, prodotti acquatici e caseari. Percentuali dunque minori rispetto a quelle imposte dagli Stati Uniti. Ma in questo caso c’è poco di simbolico. I dazi colpiscono infatti il settore più legato alle esportazioni in Cina, per un valore di circa 21 miliardi di dollari statunitensi. Nonostante il calo degli ultimi anni, il paese asiatico è infatti ancora il primo mercato dell’export agroalimentare di Washington. Basti pensare che circa la metà della soia americana viene spedita proprio in Cina. Il governo cinese ha anche inserito 15 nuove “entità” statunitensi in una “lista di controllo delle esportazioni”. Ciò significa che è vietata la vendita di prodotti a duplice uso, con le società che rischiano sanzioni come un blocco degli scambi commerciali e una revoca dei permessi di lavoro per il personale straniero. Tra le altre coinvolte Skydio, produttrice di droni, e Illumina, specializzata in biotecnologie. Altre 10 aziende statunitensi sono invece state inserite nell’elenco delle “entità inaffidabili” motivando la decisione con “le vendite di armi a Taiwan” o la “cosiddetta cooperazione tecnico-militare” con l’isola.

A distanza di qualche ora, è poi stato annunciato anche l’avvio di un’indagine anti dumping sui prodotti statunitensi in fibra ottica. Mossa che ricorda l’indagine (prettamente simbolica) per abuso di posizione dominante aperta a febbraio contro Google. In entrambi i casi, non è scontato si arrivi a una stretta. La Cina si dota così di un’ulteriore arma negoziale su cui eventualmente modulare la stretta a seconda di come si evolveranno i colloqui commerciali. Nel frattempo, le dogane cinesi hanno sospeso l’import di legname americano, ufficialmente per aver rilevato parassiti nei tronchi.

01:42

Entrano in vigore i dazi commerciali USA verso Cina, Canada e Messico

Telegiornale 04.03.2025, 12:30

Il doppio obiettivo di Pechino

La reazione cinese, tempestiva e multiforme, segnala un doppio obiettivo: la volontà di non cercare un’escalation, ma anche quella di non volersi tirare indietro dal confronto. “Osiamo combattere” è d’altronde uno degli slogan sdoganati negli ultimi anni dal presidente Xi Jinping, con un cambio di marcia rispetto al “nascondi la tua forza” dell’era delle riforme di Deng Xiaoping. Pechino ha già fatto vedere di essere disposta a utilizzare leve assai strategiche, come le risorse minerarie. Già da alcune settimane, sono stati introdotti controlli aggiuntivi alle spedizioni di alcuni metalli cruciali per l’industria elettronica e tecnologica verde come il litio e il tungsteno. Anche qui, nessuna norma precisa, per garantirsi lo spazio di manovra necessario a calibrare la stretta secondo le contingenze.

Sottotraccia, esponenti dei due governi hanno iniziato a parlarsi. Nei giorni scorsi, il vice premier cinese (e “zar” delle politiche economiche) He Lifeng ha tenuto un colloquio con il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. Prime manovre di studio, mentre Xi ha sin qui evitato di parlare direttamente con Trump, che settimane fa aveva definito “imminente” una telefonata fin qui mai avvenuta dopo l’imposizione dei nuovi dazi. Ancora nessun dettaglio nemmeno su un potenziale vertice tra leader, nonostante il presidente degli Stati Uniti abbia detto di voler visitare Pechino entro i primi cento giorni di mandato.

La scommessa Xi sull’inaffidabilità di Washington e le due Sessioni

La sensazione è che la Cina voglia temporeggiare per non mostrarsi debole, provando nel frattempo ad approfittare della percezione di inaffidabilità della Casa Bianca, diffusa anche in Europa e nel vicinato asiatico. Non solo per i dazi, ma anche per il recente incidente col presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Pechino vuole provare a capitalizzare, anche a costo di qualche altra baruffa sui dazi, anche perché non ha ancora chiaro l’obiettivo reale di Trump, che in campagna elettorale aveva minacciato dazi al 60% sui prodotti cinesi e che sin qui si è fermato molto più in basso.

Potrebbe esserci anche una ragione di politica interna all’attendismo cinese. Tra martedì 4 e mercoledì 5 marzo prendono infatti il via le “due sessioni”, vale a dire le riunioni annuali della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese e dell’Assemblea Nazionale del Popolo, i massimi organi consultivo e legislativo del Paese. Un evento dal quale Xi vuole proiettare un’immagine di stabilità, in linea col desiderio cinese di proporsi come “potenza responsabile” e garante del libero commercio. Nei prossimi giorni, verranno approvate una serie di norme che riguarderanno una serie di dossier collegati al ritorno di Trump. Di fronte alla minaccia dei dazi, Pechino risponderà con regole più attrattive per gli investimenti esteri e con l’inusuale innalzamento del deficit di bilancio, destinato a passare dopo diversi anni dal 3 al 4% del prodotto interno lordo. Diventerà il simbolo di una politica più proattiva promessa dal Partito comunista per stimolare i consumi interni e ridurre la dipendenza dalle esportazioni, limitando dunque l’impatto delle tasse aggiuntive. Si attendono poi ulteriori misure volte a un’accelerazione nel perseguimento dell’autosufficienza tecnologica, vero e proprio mantra con cui Xi intende schermare la Cina dalle sanzioni e dalle restrizioni alle catene di approvvigionamento più avanzate.

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Entrano in vigore i nuovi dazi USA

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