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Politica a colpi di Tweet

Intervista al professor Brian Ott, autore di un libro che analizza l'uso dei social media da parte del presidente USA Donald Trump

  • 20 ottobre 2020, 00:39
  • 10 giugno 2023, 05:41
03:26

Il presidente e Twitter

Telegiornale 19.10.2020, 22:00

Di: A. Chiara/M. Ang. 

L'utilizzo dei social network per fare propaganda politica da parte del presidente statunitense Donald Trump è stato oggetto di molte analisi. Nell'ambito degli approfondimenti, in vista delle prossime elezioni presidenziali USA, la RSI ha intervistato Brian Ott, professore che - al tema - ha dedicato anche un libro.

"It all begins today" (Comincia tutto oggi), scriveva Trump sul suo account personale di Twitter. Era il 20 gennaio 2017. L'inizio di un mandato, l'inizio di un rapporto con Twitter che avrebbe reso il social network il mezzo di comunicazione preferito del Donald Trump presidente. E non poteva essere altrimenti.

"Ogni mezzo di comunicazione ha caratteristiche strutturali - spiega Brian Ott - Nel caso di Twitter, sono semplicità, impulsività e inciviltà. C'è una analogia strutturale tra questo social network e il naturale modo di comunicare di Trump. E questo lo rende particolarmente abile a impiegare Twitter. Senza contare che in questo modo, il presidente è stato in grado di baipassare i media tradizionali, che lui voleva attaccare e di cui voleva minare la credibilità. Cosa che gli è riuscita".

In un esperimento del marzo 2016, il Massacchussets Institute of Technology sviluppò un bot - un programma - che potesse ricavare dei tweet sulla base dei dibattiti sostenuti fino a quel momento dall'allora candidato alla presidenza Trump. Il risultato fu "esilarante e terribilmente reale", come scrissero i giornali.

Nei suoi 4 anni di presidenza, Trump ha condensato in 140 caratteri prima e 280 dopo - cioè nei limiti di un cinguettio: lodi a se stesso e alla sua politica, licenziamenti, insulti, curiosi strafalcioni, che i cospirazionisti hanno elevato a messaggi in codice. Con un'insistente uso delle lettere maiuscole (l'equivalente di urlare nella comunicazione verbale) e l'impiego di un vocabolario semplice e ripetitivo, fatto di: good, bad, sad (buono, cattivo, triste). Dietro un successo comunicativo - che ha reso Trump il presidente del popolo - gli esperti di comunicazione intravedono una deriva.¨

"I social media sono un problema per la nostra politica, la politica non dovrebbe vivere là sopra, le discussioni e le decisioni non dovrebbero avvenire sui social, e men che meno su Twitter", spiega Ott. "I nuovi media tra l'altro - oltre a soppiantare in parte i vecchi - li influenzano, plasmandoli a loro immagine e somiglianza. La televisione oggi assume su di sé la logica di Twitter".

Semplice, impulsivo e incivile sembrano in effetti aggettivi adatti a descrivere il primo dibattito presidenziale. Indietro però non si torna. "Ci muoveremo sempre di più nella direzione di una politica mediata dai social media. Non siamo noi a usare la tecnologia, ma è la tecnologia a usare noi", dice Ott. "Dobbiamo trovare un modo di renderla più aperta e democratica. Oggi produce insularità - ci rende isole - esponendoci solo alle opinioni simili alle nostre".

Le parole sono pietre, i cinguettii sono pietre. Anche questa è l'eredità di Donald Trump.

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Il presidente e Twitter

Telegiornale 19.10.2020, 22:00

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