Svizzera

Lo streaming a sostegno del cinema

La revisione della legge in materia è il primo tema sottoposto a referendum per le votazioni federali del 15 maggio

  • 1 aprile 2022, 08:00
  • 13 maggio, 14:47
Nuove norme per le piattaforme che, anche in Svizzera, propongono contenuti visionabili in qualsiasi momento della giornata

Nuove norme per le piattaforme che, anche in Svizzera, propongono contenuti visionabili in qualsiasi momento della giornata

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Di: ARi

Anche in Svizzera, come in vari altri Paesi europei, la produzione cinematografica nazionale beneficia di un sostegno di natura pubblica. A essa contribuiscono anche la SSR e le emittenti private televisive: quelle di certe dimensioni che propongono film sono infatti vincolate, da ormai 15 anni a questa parte, a investire nella produzione nazionale il 4% del loro volume d'affari.

Quest'obbligo all'investimento non è invece attualmente applicato ai servizi streaming, come in particolare Netflix, Disney Plus e Blue, che anche in Svizzera propongono film o serie visionabili su più dispositivi in qualsiasi momento della giornata. Intanto il fatturato realizzato in Svizzera da queste piattaforme viene quantificato dall'Ufficio federale della cultura (UFC) in più di 300 milioni di franchi all'anno.

Con la revisione di legge sottoposta a votazione popolare, Governo e Parlamento puntano a estendere l'obbligo all'investimento (4% della cifra d'affari) sia ai servizi streaming, sia alle emittenti estere che conseguono entrate diffondendo finestre pubblicitarie destinate al pubblico svizzero. Le modalità d'investimento potranno essere le più varie: dall'acquisto di film e serie, fino alle coproduzioni e alle realizzazioni su commissione. In caso di mancato investimento è prevista una compensazione attraverso il versamento di una tassa sostitutiva per la promozione del cinema elvetico.

Grazie a questa estensione si stima che alla produzione cinematografica svizzera andrebbero ogni anno risorse in più nella misura di 18 milioni di franchi. Con la modifica legislativa, la Confederazione si allineerebbe alla grande maggioranza dei Paesi europei che, attraverso più modalità, hanno già introdotto obblighi d'investimento o imposte a carico delle piattaforme streaming. Ma il testo sottoposto ai votanti fissa anche per questi servizi una quota minima del 30% di offerta da riservare a produzioni europee. Anche in questo caso c'è un parallelo rispetto ad un obbligo già in vigore da un trentennio per le maggiori emittenti televisive: esse debbono infatti proporre almeno il 50% di contenuti realizzati in Europa.

Le ragioni dei contrari

Contro la normativa è stato promosso un referendum che è riuscito con quasi 52'000 sottoscrizioni convalidate. I contrari contestano anzitutto la quota minima del 30% per le produzioni europee, sostenendo che la norma non tiene in considerazione la domanda degli utenti. E a farne le spese, con buona pace delle preferenze dei consumatori, è quindi un'apprezzata offerta di film e serie da altri continenti.

L'obbligo all'investimento nella produzione indigena, affermano sempre i referendisti, rappresenta poi una forte intromissione nella libertà economica degli operatori e si tradurrà, inevitabilmente, in un aumento delle tariffe d'abbonamento alle piattaforme streaming. La quota minima del 30% potrebbe infine configurare un precedente tale da spianare la strada a vincoli analoghi anche per piattaforme di musica online come Spotify ed Apple Music.

Gli argomenti del "sì"

Consiglio federale e Parlamento sostengono la revisione di legge, sottolineando che si tratta di stabilire equità di trattamento fra emittenti televisive, servizi di streaming, operatori nazionali e stranieri. Inoltre l'obbligo all'investimento, sostengono, assicura l'allocazione di una piccola parte di volume d'affari in Svizzera, con positivi effetti per gli impieghi e per gli ordinativi ad aziende locali.

Viene quindi ritenuta improbabile la prospettiva di tariffe maggiori per lo streaming a causa dell'obbligo d'investimento: una correlazione, affermano Governo e Camere, non può essere ravvisata neppure in quegli Stati nei quali l'obbligo in questione è assai elevato. Quanto alla quota del 30% in serie e film europei, essa viene definita moderata e anche funzionale ad un'offerta diversificata da parte delle piattaforme di streaming.

Verso il 15 maggio

Telegiornale 01.04.2022, 22:00

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