Un ventennio di fuoco, e poi l’addio definitivo dalle scene. Mina è pura musica, una voce tecnicamente ed espressivamente irraggiungibile. Mette d’accordo tutti; e se chiedessimo a un pubblico variegato chi sia la più grande cantante italiana, il risultato sarebbe un plebiscito. La Tigre di Cremona vive i gloriosi anni sessanta e i successivi dieci tra i clamori e i riflettori della TV, valicando i confini nazionali e diventando celebre nel mondo. I suoi riferimenti sono Frank Sinatra e Chet Baker, sa cantare di tutto, dalla canzone leggera, alle arie d’opera, dalle arie napoletane alle canzoni latine. E tutto plasmato dalla sua vocalità inarrivabile che sa ricoprire di significato ogni sillaba del testo e ogni nota della partitura.
Mina è adorata dai musicisti ed è un riferimento assoluto per i cantanti.
Poi, nell’estate del 1978, decide di andare in direzione contraria ad ogni regola dello show business e abbandona le scene.
La sua musica è la sua meravigliosa voce vivono solo attraverso le incisioni. In un’era dove le grandi star del pop sono imperi di commercio e comunicazione, il percorso di Mina è opposto, misterioso e affascinante.
E vale la pena di essere raccontato attraverso alcune delle voci che, per vari motivi, possono svelarci qualcosa della sua multiforme essenza artistica.
A pochi giorni dall’uscita di “Mina. La voce del silenzio” (Ed. Il Saggiatore), in un’edizione speciale di “Montmartre”, si alterneranno al microfono musicisti, cantanti, musicologi e studiosi, poeti che ci regaleranno la loro testimonianza. Tra questi: Jacopo Tomatis e Luca Formenton, tra gli autori e ideatori del libro, musicisti che sono stati al suo fianco come Danilo Rea e Massimo Varini, la voce dei Negramaro Giuliano Sangiorgi e il cantautore Claudio Sanfilippo che hanno scritto canzoni per lei, il poeta Filippo Davoli che ne ha studiato e analizzato il percorso artistico, i musicologi Paolo Prato e Roberto Favaro, il fotografo e pittore Mauro Balletti che ha realizzato copertine e immagini di Mina diventate iconiche.