Colpo di Scena

Ovunque l’ultimo

Originale radiofonico di Tommaso Giacopini

  • 28 maggio, 13:30
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  • Renáta Giacopini

da martedì 28 maggio a venerdì 7 giugno 2024 ore 20:00

Con Con Antonio Ballerio, Massimiliano Zampetti, Margherita Coldesina, Tatiana Winteler, Riccardo Buffonini, Leonia Rezzonico, Giuseppe Palasciano, Luca Maciacchini.
Presa del suono, sonorizzazione ed editing: Thomas Chiesa
Musiche originali e regia: Tommaso Giacopini
Produzione: Francesca Giorzi

Riascolta qui Ovunque l'ultimo

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Nel buio del sottotetto di una grigia palazzina di Oslo un uomo picchia con rabbia sui tasti di una macchina da scrivere.
Parole come martellate, come chiodi ammattiti, parole che sì, sono solo parole, ma sono anche il rimbombare di una lingua lontana, l’ultima eco della sua patria. Sì, perché per Di Ruscio “approfondire una poesia significa voler bucare la carta / scartare le velleità e non rimanere neppure il buco sulla carta...”, ed eccolo lì, tutto incurvato e rabbioso, a più di duemila chilometri da casa, nella penombra di una stanza senza finestre, con la neve grigia e nera che imbratta le strade là fuori, con un silenzio tutto suo, mezzo masticato, incastrato tra i denti. Una moglie norvegese, quattro figli norvegesi, quarantadue anni di vita norvegese e per cosa? Per aver scambiato la propria patria con quello che gli era stato venduto come il “paradiso socialdemocratico”. No, però lui alla Norvegia mica ci sputa sopra, eh? Sempre meglio della sua “dannata Italia!”. Luigi Di Ruscio è un poeta italiano, nato a Fermo nel 1930. Dopo esser andato a scuola solo fino alle scuole elementari vaga per anni in un’Italia delusa e sconfitta, alla ricerca di un’occupazione. A ventisette anni riesce a racimolare qualche soldo ed emigra in Norvegia. Trova lavoro in una fabbrica di chiodi,
dove lavora per tutta la vita. In un quasi totale isolamento geografico e sociale passa le notti insonni a battere poesie alla
macchina da scrivere, in un italiano rotto, che porta alla nascita della sua opera poetica. Di Di Ruscio ho cercato di comporre un ritratto istintivo, che potesse dare vita al suo mondo interiore quanto a quello esteriore. Ho fatto questo attraverso una narrazione di finzione, in cui ho creato il personaggio di Gunnar Jensen, anziano signore norvegese (magistralmente intrepretato da Antonio Ballerio), vicino di casa del poeta, che nella sua stramberia senile decide di conoscere chi è stato quel vicino di casa così misterioso. Attraverso l’ascolto dei nove episodi viviamo un viaggio poetico, in cui la divisione tra il reale e l’onirico è sempre meno scindibile, fino a che i due mondi si inglobano l’un l’altro, e il buon Gunnar arriva a discorrere amabilmente con Di Ruscio, riscoprendo una genuina quanto patetica verità, quella cioè che “il sole, le rondini, i tramonti,” per quanto sia imbarazzante da affermare, “sono tutto ciò che abbiamo”.

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