Nella primavera del 1935, all’apice della Grande Depressione, un tema musicale, fra i tanti, impazzava nelle sale da ballo americane e alla radio: Solitude di Duke Ellington. È una delle tante song capaci non solo di catturare al meglio il tono di quel decennio, ma anche di esplicitare il ruolo avuto dal jazz orchestrale negli Stati Uniti nell’accompagnare gli americani durante la crisi economica: in modo suadente e al tempo stesso risoluto.
Quel tema di Ellington ha superato indenne non soltanto la Grande Depressione ma anche tutto quanto è arrivato dopo, e oggi resta uno standard molto amato e molto frequentato dai jazzisti. Partiremo proprio da qui in questa puntata di Bourbon Street, per poi esplorare, divagando, la solitudine nel jazz. Da standard come Alone together – altro grande tema degli anni ’30, e altro invito alla solidarietà in tempi cupi – passando per l’avventura solistica in ambito jazzistico, con il vibrafono di Jason Adasiewicz o il sassofono di Colin Stetson nel suo omaggio alla balena 52-Hz, “la balena più solitaria al mondo”, che emette un richiamo con frequenze più alte rispetto ai suoi simili e nuota in totale solitudine tra la California e l’Alaska senza il conforto di un contatto con altri cetacei.
Ma troveremo anche il modo di ricordare la canzone fatta di una nota sola, non tanto la canzone mononota che Elio e le storie tese presentò anni fa a Sanremo, quanto quella storica di Antonio Carlos Jobim, il samba di una nota sola, che in verità di una nota sola non era, e lo faremo ricordando la figura del percussionista Milton Banana, all’anagrafe Antônio de Souza, nato il 23 aprile di novant’anni fa, e grande protagonista della stagione del jazz samba negli anni ’60.
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