Si fa presto a dire “largo ai giovani”. Fa chic – soprattutto quando si superano ampiamente gli “anta” - invocare la forza rinnovatrice delle nuove generazioni. Peccato che poi spesso alle parole non seguano i fatti, e non di rado gli ostacoli più difficili da superare siano posti proprio dai più convinti assertori e fautori del cambiamento. E nel jazz, come siamo messi? Non diciamolo troppo forte, ma qui la situazione sembra migliore rispetto ad altri ambiti. Prima di tutto perché il concetto di “continua rigenerazione“ fa parte della natura stessa del jazz. Inoltre, mai come in questi ultimi anni stiamo assistendo all’avvento di giovani musicisti che alla purezza preferiscono sfacciatamente la promiscuità, che permette loro di spostare continuamente i confini del genere. Prendiamo per esempio il venticinquenne Sultan Stevenson, da Londra: il pianista ha appena pubblicato il suo secondo album “El Roi”, in cui mostra una padronanza notevole dello strumento, ispirato da grandi del passato come McCoy Tyner o Ahmad Jamal.

Tra le novità delle ultime settimane spiccano diversi lavori di band e artisti europei. Uno degli esempi più brillanti è quello di Lukas DeRungs, trentacinquenne pianista tedesco, che alla testa di un manipolo di giovani musicisti cosmopoliti ha appena pubblicato il suo secondo album, il notevole “Wake”. Dal Quartetto di Emily Masser e da Misha Mullov-Abbado (figlio di Claudio Abbado) giungono ulteriori testimonianze e conferme della varietà e della bontà della scena britannica, una delle più interessanti dell’attuale panorama mondiale. Gerald Clayton, uno dei più quotati pianisti della sua generazione, ha appena pubblicato “Ones & Twos”, terzo album per la Blue Note. La chiusura della puntata è affidata ad un nuovo pregevole lavoro del pianista italiano Paolo di Sabatino e a uno splendido giovanotto di 84 anni, il grande batterista Billy Hart che ha appena pubblicato “Just”.