Se diciamo “performance” in ambito accademico il pensiero corre subito ad esperienze quali quelle di Marina Abramovic, di fatto derivate dall’incontro tra drammaturgia e arte figurativa, installazioni proposte in sedi museali. Parlando di musica non teatrale, nelle sale da concerto classiche ancora prevale l’idea della musica assoluta, proposta secondo il rito del concerto romantico, con gli interpreti distaccati, intenti all’esecuzione, concentrati in gesti asciutti e professionali, uniformati da divise rituali raramente vivacizzate da tocchi di originalità o di sciatteria. Eppure l’avanguardia musicale novecentesca ha spesso meditato sul tema del corpo dell’interprete, sul suo agire nello spazio, ricercando a volte una drammaturgia della performance, una totalità dell’esperienza esecutiva che, paradossalmente, è ormai di rigore nel pop e nel rock. Le possibilità oggi sono infinite, anche grazie alle nuove tecnologie. Una sfida per i nuovi compositori, per gli interpreti del futuro: con Paolo Borgonovo e Giovanni Conti ne parlano oggi a “Voi che Sapete” Ingrid Pustijanac, musicologa e docente universitaria, e Laura Faoro, flautista, performer e ricercatrice.
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