La storia discografica di Tesla Death Ray è legata, come in un parto gemellare, a quella di Taxi Gauche Records. Il quartetto psy-rock zurighese pubblica con la label di Piet Alder da 7 anni, durante i quali il suono ruvido degli esordi è diventato vintage e psichedelico, prima di assorbire l’energia del punk e del blues-rock e godere di un approccio produttivo sempre più professionale.

Tesla Death Ray lo avevano detto che il terzo album “Uncanny” sarebbe stato il frutto dell’esplorazione di nuovi territori musicali, più crudi e diretti eppure, in tutta questa dinamica, la sensazione è quella di ascoltare qualcosa di famigliare che non ha perso un solo grammo della propria matrice identitaria.
Che stiano camminando o correndo, Tesla Death Ray mantengono il tocco “psy” e una trama che si consolida brano dopo brano finché ti rendi conto, mentre si costruisce un muro di suono, d’essere di nuovo in quella modalità ipnotica che é il marchio di fabbrica della band.

“Uncanny” di Tesla Death Ray è un album che sonda gli abissi dell’anima, tra lotte interiori, introspezione e capacità di resistenza. Sandra Romano ne ha parlato con il chitarrista e cantante Claudio Amoroso e il bassista Max Talmon-Gros

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