Secondo voi hanno ragione o si sbagliano coloro che ritengono che se Dante vedesse in che inferno è precipitata la lingua italiana, fra analfabetismi funzionali, anglicismi continui e linguaggio inclusivo, si rivolterebbe nella tomba? In vista del “Dantedì” di lunedì prossimo, ovvero la giornata dedicata al Sommo Poeta, ne parliamo con voi in diretta allo 0848 03 08 08; oppure scriveteci via Wathsapp allo 076 321 11 13. Il 25 marzo di ogni anno si celebra, soprattutto in Italia ma anche nelle maggiori città svizzere come Ginevra, Losanna, Berna, Zurigo e Lugano, il “Dantedì”: si tratta di una giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. La data corrisponde al giorno dell’anno 1300 in cui, secondo la tradizione, Dante si perde nella “selva oscura”. L’obiettivo della giornata è quello di far riscoprire la straordinaria attualità culturale, civile, politica, ma soprattutto umana e spirituale di Dante, autore universale, senza tempo, anzi eterno. Ricordiamo che la data è stata individuata dagli studiosi come quella in cui Dante ha idealmente iniziato il suo viaggio ultraterreno della Divina Commedia. La ricorrenza, approvata nel 2020 con direttiva del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Franceschini, è l’occasione per ricordare il genio di Dante in Italia e nel mondo, con moltissime iniziative che vedranno anche questa volta un forte coinvolgimento delle scuole, degli studenti e delle Istituzioni e associazioni culturali. A poco più di 700 anni dalla morte del Poeta, la sua figura rappresenta l’unità del Paese, l’essenza della lingua italiana e quindi l’idea stessa di Italia.
È ospite:
Giuseppe Patota, professore ordinario di Linguistica italiana presso l’Università di Siena
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