dall'inviato Omar Bergomi
Potrebbero essere considerate le Paralimpiadi della rinascita quelle di Tokyo 2020 per la delegazione svizzera. In calando da qualche edizione (con il minimo di medaglie raggiunto a Rio con appena 5), gli atleti rossocrociati hanno colto in Giappone molto più di quanto ci si aspettasse con 14 medaglie complessive, di cui ben 7 ori, a fronte delle sole 6 a cui si puntava prima del via. Un risultato che non si vedeva da Sydney 2000, che segna un nuovo punto di partenza per Swiss Paralympic e che fa il paio con il movimento che rappresenta, il quale guadagna sempre più consensi e tifosi.
È stata una Paralimpiade diversa, a causa dei numerosi controlli dovuti al COVID, alla mancanza di pubblico, all’impossibilità di uscire (va comunque detto che i lavoratori impiegati dall’organizzazione sono stati tutti gentili e disponibili), ma paradossalmente questo può aver fatto sì che il Team Svizzera si sia compattato, facendosi coraggio e motivandosi l’un l’altro. Perché il gruppo è stata la vera forza, come ha spiegato il capo delegazione Roger Getzmann: “Ha aiutato tantissimo. Abbiamo avuto un ambiente da squadra che ha facilitato le cose per tutti; il supporto dei colleghi conta molto”.
Edizione della rinascita dunque, in primis perché tra gli elvetici al via a Tokyo c’erano diversi giovani e debuttanti, che si sono subito dimostrati all’altezza. E quindi buona la prima soprattutto per la nuova forza dell’atletica leggera Catherine Debrunner (un oro e un bronzo), per la 18enne nuotatrice Nora Meister (un bronzo) e per la saltatrice Elena Kratter (un bronzo).
Le performance di Manuela Schär e Marcel Hug sono state impressionanti, hanno dominato
Roger Getzmann
Ma in un certo senso è stata la Paralimpiade della rinascita anche per i “veterani”. Impossibile non menzionare Marcel Hug, MVP della delegazione con 4 ori conquistati e 7 vittorie ottenute in 7 gare disputate (qualifiche comprese) e i cui aggettivi per definirlo non bastano mai. Era arrivato ufficialmente per puntare a una medaglia, se ne è portate a casa 4 del metallo più prezioso, facendo ancora meglio che a Rio. Una vera e propria rinascita è stata quella dell’altrettanto celebrata Manuela Schär, che a 36 anni ha vissuto una seconda giovinezza che le ha dato la rivalsa per le tante sfortune del passato: 5 medaglie di cui 2 ori, dopo aver raccolto solo 3 medaglie nelle 4 precedenti edizioni. E non poteva mancare una parola anche su Heinz Frei, il quale, nonostante una carriera e un palmarès da fare invidia, ha trovato ancora la forza e le motivazioni per ottenere un argento a 63 anni.
Come la corrispondente olimpica, anche la delegazione paralimpica rossocrociata ha sorpreso tutti. È difficile dire se sia il Giappone che abbia portato bene agli elvetici, ma forse un segreto c’è come ha detto scherzando Getzmann: “Abbiamo ironizzato con Ralph Stöckli (capo delegazione Swiss Olympic, ndr), lui diceva che l’edificio 19 nel quale eravamo portava bene!”
Penso che nello sport svizzero abbiamo lavorato bene
Roger Getzmann
Ciò che resta però è il risultato, non fatto solo di medaglie ma di grandi emozioni e bellissime storie che rimarranno scolpite soprattutto nella memoria degli atleti e di chi le ha vissute, ma è comunque certo che quella del 2021 per lo sport svizzero rimarrà un’estate indimenticabile.
Paralimpiadi, il bilancio conclusivo di Omar Bergomi (Telegiornale 05.09.2021, 20h00)
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