La partecipazione di Anna Boschetti ai microfoni di Alphaville ci offre lo spunto adatto per approfondire il ruolo di uno degli intellettuali italiani più influenti del ventesimo secolo, Benedetto Croce. Anna Boschetti, docente di Letteratura francese all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha recentemente pubblicato, con Quodlibet, un libro intitolato Benedetto Croce. Dominio simbolico e storia intellettuale, opera in cui, attraverso le categorie sociologiche elaborate da Pierre Bordieu, la studiosa ricostruisce il panorama culturale italiano, le relazioni e la risonanza che il pensiero di Croce ebbero nell’Italia della prima metà del Novecento.
Benedetto Croce non limitò mai la sua attività alla sfera intellettuale, ma fece della militanza civile, attuata attraverso la cultura, una missione di vita, convinto che fosse suo dovere, in quanto studioso, partecipare con le sue competenze alla vita pubblica. L’esemplificazione per eccellenza la ritroviamo nella rivista di letteratura, storia e filosofia “La Critica”, fondata dallo stesso Croce nel 1903 e destinata ad attraversare tutta la prima metà del Novecento:
E noi, nel corso di quegli anni che parevano interminabili, nel deserto spirituale che ci si faceva intorno, in quell’aria plumbea e irrespirabile in cui ogni libera voce era soffocata, avremmo forse smarrita ogni speranza di luce e la fiducia stessa nella forza della verità, se non ci fosse giunto ogni due mesi il conforto dei fascicoli della “Critica”, che era altresì il punto di riferimento di una rete ideale ricongiungente le libere coscienze anche attraverso i confini delle nazioni e i cancelli delle prigioni.
Alfredo Parente, La Critica e il tempo della cultura crociana, 1953
Oltre ad essere filosofo, storico e critico letterario, Benedetto Croce fu uno dei maggiori teorici del liberalismo del Novecento italiano ed europeo. Una delle espressioni più alte della militanza intellettuale e del liberalismo crociano, di matrice mazziniana e desanctisiana, è rintracciabile nel ruolo che la sua rivista ricoprì in occasione della Prima e della Seconda guerra mondiale, che è allo stesso tempo la messa in atto dei suoi doveri in quanto intellettuale:
Scoppiata la prima guerra europea, quando “La Critica” iniziava la sua seconda serie, non si rimosse dal suo assunto filosofico, letterario e storico, e anzi vi si attenne con tanta pertinacia che parve ostinazione (…). Pure proprio allora “La Critica” entrò per la prima volta nella polemica politica, e vi entrò per una via che le si offerse naturale, giacché sentì il dovere di tutelare e rivendicare la filosofia, la scienza, le opere d’arte, la storia, la verità contro le quotidiane falsificazioni e lo scempio che, per ragioni di guerra, se ne faceva (…)
Benedetto Croce, Proemio alla Critica nel suo XLII anno, 20 marzo 1944.
Attraverso La Critica, Croce dichiarò più volte e in diversi articoli quello che, secondo il suo punto di vista, doveva essere il compito degli studiosi in tempo di guerra, spinto soprattutto dall’urgenza di contestare tutti quegli intellettuali che piegavano la scienza e la cultura agli interessi nazionalistici. Secondo Croce, sopra il dovere verso la patria c’è il dovere verso la verità che ogni intellettuale è tenuto ad onorare soprattutto in momenti di crisi come quello che stava attraversando l’Europa. L’esortazione è di ricacciare nel petto le pulsioni nazionalistiche ed elevare lo spirito in una dimensione più nobile. Così facendo, dice Croce, ognuno potrebbe essere soddisfatto di aver introdotto nella guerra qualcosa che vale quanto, se non più, della scienza: la coscienza umana.
In queste carte c’è il senso intero della operosità crociana, della sua socratica lezione di vita: l’assolvimento del proprio dovere al di là degli eventi folli e tragici che gli si muovono intorno (...). Esponenti di indirizzi diversi e anche contraddittori ma prova di quella straordinaria apertura culturale che animerà il direttore della “Critica”. Più si allarga la tragedia europea, più aumentano i motivi di amarezza, più si accentuano le lezioni di devozione al lavoro di questo grande maestro: grande anche nelle piccole cose, nella vita di ogni giorno.
Giovanni Spadolini, Il carteggio di Benedetto Croce con la Biblioteca del Senato, 1991
Insomma, l’attualità e la necessità di riappropriarsi di Benedetto Croce si giustificano, tra le altre cose, soprattutto alla luce della sua militanza intellettuale e del suo ruolo civile in quanto intellettuale. È pur vero che Croce ricoprì, all’interno del governo Giolitti, il ruolo di Ministro della Cultura, e fu sempre impegnato in qualità di senatore della Repubblica italiana, ruoli che possono essere definiti politici in senso stretto. Ciò non toglie che, prima di essere stato un politico ed aver dato il suo contribuito nelle sedi istituzionali per molti anni, la sua vocazione, la sua intima natura, era quella intellettuale. Riconosceva, pertanto, il suo ruolo all’interno della società, stabilendo un legame indissolubile tra la conoscenza e l’agire pratico, tra il pensiero e l’azione. Come ricordava uno dei suoi più grandi maestri Francesco De Sanctis, ogni cittadino che ben coltiva il campo che per le sue attitudini e predilezioni ha prescelto, fa buona politica, poiché concorre alla vita sana della propria patria e della società in generale. Campo, per ricollegarci alla Professoressa Anna Boschetti, che Croce non smise mai di coltivare, nemmeno negli anni più bui per l’Europa e per il mondo.
Il campo di Benedetto
Alphaville 18.09.2024, 11:30
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