Arte

Art Déco, un’epoca in bilico tra glamour, modernità e incertezza

A cent’anni dallo “Stile 1925”, Palazzo Reale di Milano ripercorre il fenomeno artistico dentro le sale e per le vie della città. Una mostra aperta fino al 29 giugno

  • 31 marzo, 11:00
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Alberto Martini, Wally Toscanini, 1925 Pastello su carta. 131 x 204 cm. Collezione privata

  • "Art Déco. Il trionfo della modernità", Palazzo Reale Milano
Di: Maria Chiara Fornari 

Nel Centenario dell’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi, che segnò l’affermazione dello Art Déco, Palazzo Reale di Milano dedica allo “Stile 1925” una esposizione, aperta dal 27 febbraio al 29 giugno 2025. Titolo: Art Déco. Il trionfo della modernità.

Il suo nome nasce dalla contrazione dei termini dell’evento che gli diede notorietà: l’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes. Tenutasi a Parigi nel 1925, l’Esposizione Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne ebbe il grande pregio di comprendere, per la prima volta, le cosiddette arti applicate (l’arredamento d’interni e il design), dandogli così rilevanza e dignità artistica. Fenomeno fondamentalmente del gusto, l’Art Déco è uno stile che riguardò in particolare le arti decorative, le arti visive, l’architettura e la moda e che ha interessato l’Europa fra il 1919 e il 1930. Solo negli Stati Uniti ebbe una fortuna più prolungata, arrivando fino al 1940.
Dal punto di vista storico, la peculiarità dello stile Art Déco è di situarsi proprio tra le due guerre mondiali, coagulando in sé i sogni ottimistici della modernità borghese degli Anni Venti, dopo la Grande Guerra, sogni che però svaniscono assai presto tra le macerie del secondo conflitto mondiale.

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Manifetso dell'Esposizione Internazionale di Arti Decorative, Parigi 1925

Uno stile sospeso tra due guerre, vibrante di gioia travolgente, splendore e glamour, ma anche di inquietante incertezza. Come le danze libere della grande danzatrice statunitense Isadora Duncan, considerata non a caso la madre della danza moderna, i cui movimenti liberi furono d’ispirazione per diverse opere d’arte e di arte applicata dello stile anni ‘20. Come testimonia il volume, con testi di Umberto Di Cristina e Alberto Savinio, uscito nel 1978 nella prestigiosa collana “I segni dell’uomo” del raffinato editore parmense Franco Maria Ricci. Omaggiata da numerosi artisti, che ne riprodussero la grazia in statuette di bronzo, vetro e avorio in perfetto stile art Déco, la celebre ballerina statunitense è raccontata attraverso oggetti, ora ricercati e assai contesi dai collezionisti. 

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Nell’Art Déco l’immagine della donna vive una nuova fase e il quadro che fa da manifesto alla mostra milanese lo esprime con chiarezza (Alberto Martini, Wally Toscanini, 1925). Se tra fine ottocento e inizi ‘900 il Simbolismo e la Secessione viennese ci trasmettono una donna da una parte idealizzata e dall’altra misteriosa, folle, demoniaca, sensuale, una donna stretta e costretta nella sua alterigia seduttiva (pensiamo alla Giuditta di Gustav Klimt) gli anni ‘20 riportano a terra le donne, riconoscendo loro una emancipazione siglata, nella moda, con l’accorciarsi delle gonne e dei capelli, senza patimenti e scandali.
Le donne che hanno sostenuto le economie, mentre gli uomini erano al fronte, escono insomma dal conflitto un po’ più indipendenti e moderne. E così appaiono nelle opere in mostra: sicure e volitive, anelanti la modernità, in posa davanti ad artisti che le ritraggono con rinnovato interesse. Nei ritratti Art Déco le donne sono al centro del quadro, guardano in faccia lo spettatore. Appaiono in tutta la loro forza identitaria, che gli artisti riconosco loro rappresentandole in contesti, in mondi, attorniate da oggetti che appartengono loro e che aiutano a definirle e non il contrario. L’Art Déco testimonia di una donna che si emancipa e vive, negli anni ‘20 una breve ma intensa rivoluzione silenziosa, quantomeno della sua immagine.

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Mario Cavaglieri, Piccola russa, 1913 - Olio su tela

  • Collezione privata, Courtesy Ed Gallery,Piacenza

Sono circa 250 le opere che rimandano agli ambienti simbolo del benessere: hotel, caffè, stazioni e mezzi di trasporto di lusso, come i grandi transatlantici, con vetri, porcellane, maioliche, arredi, dipinti, sculture, oggetti decorativi, disegni, tessuti, abiti di haute couture, gioielli e accessori, ma anche vetrate e mosaici. Luoghi simbolo del benessere della vita elegante e borghese di una società che rinasce.
A Palazzo Reale è proposto un viaggio tra le espressioni artistiche del periodo, ma anche un viaggio nel costume. Si riscopre il gusto di un’epoca che fu un lampo di estrosità artistica stretta tra due guerre mondiali, ma anche tra due crisi economiche globali (la crisi del 20-21 e la grande depressione del ‘29), che la storia costringe nella sua fragile precarietà. Uno stile che in Italia incrocia il ventennio fascista e diventa, troppo velocemente, lo stile della produzione di massa. Ma raggiunto l’apice della sua diffusione, nel suo voler essere simbolo del privilegio di pochi, perde progressivamente consenso, proprio guarda caso, mentre gli effetti devastanti del crollo di Wall Street travolge l’economia degli Stati Uniti e anche dell’Europa.

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Pierre-Paul Jouve (disegno), Pierre Gaudin, Pantera nera lotta con un pitone, 1932 - Mosaico policromo su fibrocemento

  • Boulogne-Billancourt, Musée des Années Trente, deposito dell’Académie des beaux-arts di Parigi

Il progetto espositivo, a cura di Valerio Terraroli, restituisce un mondo ancora vibrante di gioia di vivere, splendore e glamour, ma anche percorso da inquietudini e incertezze. Oltre agli straordinari esempi di arti decorative italiane ed europee, dipinti, sculture e manifesti pubblicitari non potevano mancare testimonianze della settima arte, con spezzoni cinematografici, ma anche con un cartellone speciale di proiezioni di film dell’epoca proposto dalla Cineteca di Milano.
Undici film più quattro cortometraggi del cinema internazionale. Titoli realizzati in quegli anni o che raccontano quel periodo storico e i suoi protagonisti : da René Clair a Greta Garbo e che si concluderà il 4 maggio con Rotaie di Mario Camerini, il film con cui si inaugura il cosiddetto Cinema Art Déco.

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René Lalique, Vaso globulare con pesci, 1929 - Vetro verde a stampo e molato

  • Gardone Riviera, Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Prioria, Stanza del Lebbroso o Stanza dei Sonni Puri

L’Art Déco è un movimento riconosciuto come tale solo a posteriori, decenni dopo, e che ha però influenzato profondamente il design e l’architettura a venire. La sua popolarità è proseguita soprattutto negli Stati Uniti, arrivando fino a noi, oggi. La si ritrova specialmente in allestimenti di interni di locali raffinati. Nei pavimenti a scacchi o nei disegni di lampadari di vetro e ottone con cui molti interior designer amano citare lo stile e il periodo, ancor oggi, nei loro progetti modernisti.

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Palazzo Reale mostra sull'Art Déco

  • Foto Carlotta Coppo

Oltre al percorso espositivo tra opere e oggetti degli anni Venti, la mostra presenta un percorso attraverso la città. Un tour per la Milano degli edifici in stile Art Déco.
Proprio all’ingresso della mostra si trova una grande mappa con un elenco dei luoghi milanesi che rispondono ai criteri estetici dell’epoca. La città di Milano conserva, nel suo tessuto urbano degli esempi notevoli di edifici in perfetto stile Art Déco. A cominciare dalla Stazione Centrale per arrivare fino al Cimitero Monumentale, per non citare che gli esempi più clamorosi. Poi ci sono i Caffè, primo fra tutti il magnifico Caffè Campari, in Galleria Vittorio Emanuele. Ma c’è anche l’Albergo Diurno Venezia, in piazza Guglielmo Oberdan, come la notissima Villa Necchi Campiglio, oggi in gestione al FAI. Ma anche le sale cinematografiche: il Cinema Odeon, in corso di ristrutturazione, e il Cinema Colosseo.

Ci sono poi molte palazzine milanesi in perfetto Stile Art Déco. La più nota è senz’altro la Ca’ Brütta, edificio abitativo in Via della Moscova 12. Opera prima dell’architetto Giovanni Muzio, l’edificio fu realizzato tra il 1919 e il 1921, da un 26enne Muzio, giovane architetto dello studio Barelli e Colonnese, che divenne poi il progettista di maggior prestigio della corrente architettonica chiamata Novecento.
Da non mancare, per finire, una visita al Palazzo dell’INPS in piazza Missori, progettato da Marcello Piacentini, architetto che ha ideato quasi tutto il quartiere dell’EUR a Roma. Massimo ideologo del monumentalismo, Piacentini è, con Giuseppe Terragni, fra le massime firme dell’architettura fascista, che adottò alcune forme dell’Art Déco per ingentilire qua e là le rigidità e le monumentalità del razionalismo italiano, caro al regime.

La mostra milanese, assolutamente da non perdere, approfondisce le origini, lo sviluppo e il rapido tramonto di un fenomeno del ‘900 che, pur durando solo un decennio, ha percorso l’arte e l’architettura del ‘900 contribuendo in mondo significativo a definire la cifra stilistica della modernità.

03:05

Art déco, la mostra a Palazzo Reale

Telegiornale 24.03.2025, 20:00

07:17

Milano: mostra sull’Art Déco a Palazzo Reale di Milano

La corrispondenza 20.03.2025, 07:05

  • Museo Ginori, Sesto Fiorentino
  • Massimo Zenari

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