Sempre più spesso, seguendo gli esempi innovativi della scena underground, compagnie di arti sceniche e performative scelgono, con le loro proposte, di uscire dai teatri, dai luoghi chiusi, per andare in scena nello spazio cittadino.
Spazi urbani più o meno pubblici come piazze, strade, parcheggi e parchi ospitano performance di danza e teatro che vogliono raccontare una storia, fare arte e incidere sul presente e sul futuro del territorio. A farlo sono stati di recente, sul territorio della Svizzera italiana, alcuni performer, coreografi, scenografe e drammaturghe che con i loro spettacoli, andati in scena negli spazi cittadini hanno fatto un importante passo ulteriore. Non si sono cioè limitati a scegliere la città come set, come fondale, come location, ma si sono messi in dialogo con la città stessa, interrogandola, criticandola anche, mettendone in discussione le scelte. Un’arte insomma che vuole partecipare attivamente alla definizione e alla costruzione degli spazi urbani.
Sul tema Charlot, a cura di Barbara Camplani, ha interpellato innanzitutto la coreografa, performer e ricercatrice Elisabetta Consonni, uno dei nomi più interessanti e importanti della scena coreografica italiana contemporanea ne ha parlato a
Elisabetta Consonni è direttrice artistica del Festival Orlando (Festival Internazionale di arti performative e Cinema Queer) di Bergamo. Fra i suoi lavori più noti: Tecniche per diventare un ornitorinco del 2024. Special Handling (2021) Ti voglio un bene pubblico (2019). Plutone (2016) e Plutone esploso, una pratica coreografica che Elisabetta Consonni ha portato il 27 ottobre nella Svizzera italiana, a Mendrisio, al Centro Scolastico Canavé, all’interno del secondo incontro annuale di Isadora Piattaforma Danza.
Consonni, si fa paladina del fatto che l’arte performativa sia in qualche modo un laboratorio dove certe istanze emergono e debbano in qualche modo arrivare agli uffici dove si fanno politiche sociali e politiche urbane, parte da una precisazione importante: quello che è urbano non sempre è per forza spazio pubblico.
«Nella mia esperienza - ha dichiarato Elisabetta Consonni - sono anch’io partita dall’idea di spazio pubblico come “il fuori”, quello che attraversi, quello che non è privato, quello che non è intimo, quello che non è chiuso da cancelli, eccetera... E poi soprattutto attraverso “Ti voglio un bene pubblico” [ndr: spettacolo del 2019 ancora rappresentato in diverse città], un progetto che di fatto è un gioco urbano una “coreografia per squadre”, sono arrivata a capire che la parola “spazio pubblico” viene usata con grande facilità ma di fatto quando si va poi nel merito si capisce che ci si interroga su che cosa vuol dire pubblico e che cosa è pubblico. Cioè vi faccio un esempio: nel comune di Baranzate c’è una piazza che tutti attraversano. È davanti a un centro commerciale. Viene da dire: quello è uno spazio pubblico perché è una piazza, invece no perché è proprietà privata.»
Fortemente convinta che le arti performative possano e debbano avere un importante ruolo nella costruzione delle città del presente e degli spazi pubblici del futuro è anche Maria Clara Castioni, scenografa e drammaturga luganese, basata attualmente principalmente a Ginevra, dove alla Comédie de Genève sta per andare in scena il suo nuovo spettacolo Lenz, concepito con Éléonore Bonah. Maria Clara Castiglioni racconta a Charlot dell’happening performativo notturno Notti future, che si è svolto per le vie, anzi per i parcheggi, di Lugano in occasione della Quinta Biennale Svizzera del territorio.
«I parcheggi sono un luogo particolarissimo da una parte, per riprendere un concetto dell’antropologo Marc Augé, sono un non-luogo e non attribuiremmo al singolo parcheggio una propria identità. Sono spazi che noi utilizziamo, sfruttiamo, che sembrano agli antipodi rispetto a uno spazio che possa essere di relazione o di creazione. A differenza di altri luoghi, come appunto gli altri luoghi di altri vuoti urbani, tipo una piazza, una scalinata, un parco, è vero che il parcheggio a cielo aperto è un luogo un po’ controverso. E naturalmente sorge un interrogativo sul futuro di questo luogo e soprattutto in una città come Lugano che è una città piccola in cui i parcheggi occupano in superficie una percentuale comunque abbastanza grande».
"Notti future", Lugano 5 ottobre 2024
Un happening quello di Notti future pieno di colpi di scena ed effetti stranianti dei performer coinvolti ma anche di effetti sorpresa di una sorta di spettacolo nello spettacolo, che la stessa realtà notturna urbana offriva alla rappresentazione. Una riflessione sul luogo, sullo spazio urbano, e sul tempo, nei parcheggi per forza di cose, per definizione, limitato: «La questione del tempo per me era molto interessante rispetto al parcheggio. Da un lato la questione della temporalità, dunque di questo ritmo, ma dall’altra anche il tempo inteso come tempo del futuro e dunque come interrogativo sul futuro, il futuro dei parcheggi. Ed è vero che questo era l’interrogativo poi rispondeva in un qualche modo anche a questa 5.ª edizione della Biennale del territorio che intitolata Back to the future e quindi appunto promuoveva una riflessione sul futuro della città» Maria Clara Castioni.
Corpo performance e spazio urbano
Charlot 27.10.2024, 14:35