È un anno ricco di approfondimenti sul lavoro di Pierre Bonnard, artista felice nella sua vitalità pittorica e nella qualità del disegno. Durante la prima parte dell’anno la sua pittura è stata celebrata nella Phillips Collection di Whashington. La mostra dedicata al rapporto con il giapponismo, presso il Musée Caumont di Aix-en-Provence, ha presentato la relazione tra il pittore e quell’universo di riferimento che egli rese una matrice culturale e linguistica. Il giapponismo fu per Bonnard così importante che, all’interno dei Nabis (nome utilizzato dal gruppo di pittori impegnati quali profeti di un nuovo atteggiamento) egli fu definito Nabis nipponizzante. La presentazione, attraverso i quadri, dell’amicizia con Henri Matisse, presso la Fondazione Maeght di Saint Paul de Vence, ha celebrato la relazione tra due artisti accomunati da una stima reciproca, in un periodo in cui avanguardie come il cubismo denunciavano gli atteggiamenti pittorici da loro definiti privi di inventiva e di innovazione. Nel corso dell’autunno 2024 il museo Bonnard di Le Cannet, nella dimora che fu dell’artista, propone prima una riflessione sul modo in cui il pittore tratta un semplice vaso bianco, poi un ritorno ai temi generali della sua pittura attraverso nuove acquisizioni del museo e opere in prestito.
Una delle questioni che l’artista francese ci lascia in eredità è quella che concerne la felicità in pittura. Non è certo la felicità del pittore, è sicuramente collegata al concetto di verità in pittura. Cosa vuole dire felicità? Personalità attentamente osservatrice, dotato di una potente memoria visiva, di indole apparentemente tranquilla, non esuberante ma ironico e gioviale, Pierre Bonnard schivava i dogmi imperanti e mutevoli e ha cercato lungo il corso della propria carriera un modo personale, una propria via espressiva che rendesse alla realtà osservata, a lui molto cara, il giusto rispetto, senza limitarsi a copiarla ma rigenerandola attraverso la mediazione della produzione artistica. La realtà poteva essere per lui la natura e la vegetazione che avevano contrassegnato gli ambienti dove egli era cresciuto, nelle dimore della sua famiglia borghese; poteva essere la città e in particolare Parigi, con la sua vita dinamica e la molteplicità di occasioni di vita, nelle strade, nei locali, nei giorni e nelle notti metropolitane; potevano essere gli oggetti, in particolare quelli quotidiani come dimostra il piccolo progetto dedicato dal museo Bonnard a una brocca; poteva essere il corpo e il nudo, femminile, maschile (come avviene nel quadro L’Homme et la Femme).
© musée Bonnard, Le Cannet
Il dispositivo artistico di Bonnard entra in funzione quando l’osservazione genera l’impeto di ricreare il senso di bellezza esperito. Sul sito dell’esperienza, in alcuni casi egli prende appunti attraverso un disegno nel quale inserisce già le indicazioni di quali colori devono occupare le diverse parti dell’immagine. La creazione della nuova realtà avviene nella sessione di lavoro che è autonoma rispetto alla realtà osservata, nel suo atelier che può essere il muro di una stanza di casa al quale egli ha attaccato con delle puntine la tela sulla quale intervenire. Il momento della creazione dell’immagine è quindi autonomo, separato dalla rilevazione e in questa separazione entra in gioco l’immaginazione dell’artista che dalla realtà osservata astrae (sì: il concetto di astrazione è importante proprio perché stiamo descrivendo la realizzazione di un quadro che non è definibile come astratto) ciò che egli vuole restituire con la pittura ed è in questo senso che la pittura ambisce a essere viva e dunque felice. È felice il risultato ed è il colore, o meglio la combinazione, stratificazione, trasparenza dei colori a ottenere questo risultato, così vivo da essere sempre incompiuto e disposto a ridefinirsi ulteriormente. Infatti la leggenda racconta che Pierre Bonnard fosse propenso a visitare i propri quadri esposti nei musei e, dotato, di una scatoletta di acquerelli portabile, li correggesse di nascosto dai custodi. Che beffa filosofica rispetto ai tanti artisti che hanno falsificato propri quadri retrodatandoli o ennuplicandoli per poter vendere di più!
L’impegno di Pierre Bonnard è il contrario dell’atteggiamento truffaldino e ci dona un lavoro molto difficile, irto di difficoltà, fragilità, crisi, pentimenti. Ciò è ineludibile quando l’obbiettivo è di avvicinarsi a un’idea di verità.
Portrait Pierre Bonnard
RSI Cultura 14.07.2016, 13:46