AGORA
di Ala Eddine Slim, con Neji Kanaweti, Bilel Slatnia
Tunisia. Uno scalcagnato commissariato di polizia deve affrontare una crudele pandemia. Gli animali muoiono e i raccolti marciscono. A questo stato di cose si aggiunge anche il ritorno di alcune persone scomparse da anni. Erano state date per morte, ma spuntano come zombies, ricoperte di sangue oppure grondanti acqua, il loro cuore batte ancora. La polizia del luogo viene raggiunta da un comparto speciale che dovrebbe sistemare le cose e mettere a tacere le preoccupazioni della comunità, ma presto si scopre che i potenti sono in combutta con un misterioso personaggio, androgino e malato. Forse uno scienziato che per guarire sé stesso ha innescato una serie di esperimenti sfuggitigli di mano?
La storia è girata di notte e le varie scene sono inframezzate da immagini di minareti e la voce cantilenante del muezzin è parte della colonna sonora di questo film fantascientifico, distopico, dalle sfumature orrorifiche. Un gran guazzabuglio di temi e atmosfere che resta impresso nella mente, ma di difficile comprensione. Il regista gira con maestria, questa sua capacità resta però priva di senso e non riesce a dare forma compiuta al materiale. Se mettiamo in conto anche le scene nelle quali un corvo e un cane blu parlano tra loro lamentando il comportamento sciagurato del genere umano ad Agorà si aggiunge anche la dimensione del grottesco che poco aiuta il pubblico. Se il regista con il suo film voleva spiazzare ci è riuscito a discapito però della riuscita del lavoro. (Moira Bubola)
GREEN LINE (Documentario)
di Sylvie Ballyot
“Green Line” è un documentario sulla guerra civile libanese di Sylvie Ballyot, scritto insieme a Fida Bizri che ne è la protagonista sullo schermo. L’espediente cinematografico che colpisce è il pregevole utilizzo di mappe e miniature di una Beirut ormai distrutta, con l’impiego di statuette per ricostruire, scenario dopo scenario, la turbolenta educazione di Bizri durante la guerra civile che ha avuto luogo tra il 1975 e il 1990.
Con l’aiuto di questi modelli Bizri riesce a superare la diffidenza dei suoi interlocutori (gli ex miliziani che hanno operato durante la sua infanzia a Beirut Ovest, il quartiere musulmano) per poter affrontare e visualizzare gli eventi della storia. Quegli stessi miliziani che durante quegli anni sostenevano di proteggerla ma che in realtà la spaventavano. E allo stesso modo si imbarca nell’incontro con coloro che operavano a Beirut Est, il quartiere cristiano, la parte “nemica”. A tanti anni di distanza, con Beirut e il Libano che restano sempre al centro delle questioni irrisolte del Medio Oriente, questi incontri senza emettere giudizi da entrambe le parti aprono le porte a una visione universale della guerra.
Il film dura 150 minuti e forse quello della lunghezza ed in parte della ripetitività sono i limiti di un lavoro che cresce di intensità durante la visione e cerca di spiegare le posizioni tuttora inconciliabili delle due fazioni. Posizioni che col passare del tempo, come esplicita l’intervista finale a bordo spiaggia tra un cristiano ed un musulmano, sono sfumate ma che attraverso le vicende personali ci trasmettono l’eredità di un conflitto che fa ancora notizia, dividendo quel microcosmo in sopravvissuti, vittime e combattenti costretti a subire le scelte di altri in uno scacchiere dove le potenze mondiali continuano a confrontarsi. (Alessandro Bertoglio)

Locarno 77 (11./13)
Alphaville 15.08.2024, 12:35
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