Analizzare un film come Bridget Jones - Un amore di ragazzo serve soprattutto a capire come è stato percepito da parte del mainstream il mutamento dei tempi, la necessità di un aggiornamento (o meno) nell’industria del romanticismo a buon mercato.
Il primo elemento da rilevare ha a che fare con la traduzione del titolo in lingua italiana: da questo punto di vista, nessun passo in avanti. Era successo con “The Power” divenuto “Ragazze elettriche”, e prima ancora con “Bend it like Beckham” diventato lo sbarazzino “Sognando Beckham”; nel 2025 si è sentita la necessità di tradurre un titolo semplice e giusto come “Bridget Jones’s Baby” con “Bridget Jones - Un amore di ragazzo”. Premettendo che “baby” è nel vocabolario di chiunque, anche chi non conosca una sola parola in inglese, la perdita in questo caso è quella del doppio senso con il quale è usato. In questo film, infatti, Bridget Jones è madre, i bambini ci sono davvero. E, certamente, ha una relazione con un ragazzo più giovane, ma l’elemento non è così centrale.
In un primo bilancio, quindi: chiunque decida le traduzioni dei titoli dall’inglese all’italiano, per cortesia, si aggiorni. Il resto del film fa il suo lavoro. Intrattiene, diverte, funziona.
Partiamo dalla trama. Troviamo Bridget in una situazione analoga alla Carrie Bradshaw della serie che ha seguito dopo tanti anni Sex and The City: se la seconda era vedova di Big all’inizio di And Just Like That, la prima è vedova di Darcy. Non essendo un prodotto a puntate ma un classico lungometraggio, il lutto è affrontato con ritmi più veloci, che non appesantiscono la storia. È una promessa fatta a suo padre sul letto d’ospedale che la salva: «Non basta sopravvivere, devi vivere. Promettimi che vivrai, Bridget». E lei lo fa. Vive.
La sopravvivenza era rappresentata come una lieve depressione: lei che non si toglie il pigiama neanche per accompagnare a scuola i figli; lei che non lavora, che beve come un pirata. Lei che, ovviamente, non vuole conoscere altri uomini. La storia inizia con Bridget che sceglie di vivere. E fino a qui il tutto è universale nella sua semplicità.
L’aggiornamento all’oggi si trova a partire da questo momento. C’è Tinder, c’è anche il ghosting. Un elemento interessante è la persona su cui ricade la scelta di Bridget, e non tanto per la differenza d’età (lui è decisamente più giovane), quanto per la sua bellezza stereotipica. Sembra che la strada intrapresa da lei dopo la morte di quello che riteneva il grande amore della sua vita sia quella dell’oggettificazione del maschile. E che un film decida di oggettificare gli uomini è una scelta quantomeno non frequente, pertanto originale in sé.
Non solo il ragazzo è canonicamente bello, ma si presenta anche come forte, una figura che salva lei e i figli finiti su un albero e incapaci (tutti e tre, Bridget compresa) di scendere. Chi ha detto che female gaze vuol dire accompagnarsi con uomini meno belli e forti di noi? Il film sembra suggerire il fallimento di un altro stereotipo, cioè quello per cui un uomo bello fuori non può essere bello anche dentro. È questo il caso?
Sembrava. In realtà - non spoilereremo il finale - non va esattamente così. Si dirà solo che l’elemento che sconfessa questa impostazione è una scelta sana presa dalla nostra protagonista, la vera grande novità del quarto film su Bridget Jones. Se un uomo ti ghosta e poi torna dicendoti “ti amo” puoi accoglierlo come se niente fosse?La nuova Bridget sceglie in base ai fatti e non alle parole. Se ha un vero grande pregio è quello di ricambiare le energie che le vengono date, di corrisponderle: e prende in considerazione per una relazione solo chi si comporta in modo corretto con lei.
Per fortuna, oltre all’amore e ai figli c’è altro, e nello specifico il lavoro e l’amicizia. Necessario per la sua realizzazione come donna goffissima ma felice, riprende il suo ruolo di giornalista, che a differenza del resto le viene naturale. Quanto all’amicizia, ritroviamo Hugh Grant nei panni di Daniel, scapolo impenitente sempre uguale a sé stesso, ma molto più consapevole di chi è; infinitamente autoironico, interpreta in modo comico la fine tragica di un narcisista invecchiato e circondato quasi unicamente da solitudine. Daniel è un monito, forse la figura più interessante di tutto il film.
Il rapporto con la generazione più giovane non è rappresentato solo dal ragazzo di Tinder, ma soprattutto dalla ragazza che fa da babysitter ai suoi bambini. È lei che le insegna il femminismo, la sorellanza. E a lei è affidato l’unico momento commovente del film.
La ragazza è bellissima ed estremamente sveglia, inizialmente Bridget è inquietata da tutta questa performatività (che altro non è se non capacità di sopravvivere in un mondo sempre più complesso). Il frangente in cui mette un suo fermaglio a Bridget per abbellirne l’acconciatura, dopo che si è ripresa dal lutto, è un gesto di cura piccolo, e proprio perché così piccolo, così semplice, risulta romantico dell’unico tipo di romanticismo che davvero rappresenta l’aggiornamento al presente di questo film: la sorellanza, appunto. Dopo anni di competizione femminile e di donne che odiavano le altre senza realizzare che così stavano odiando anche sé stesse, è bello scoprire che un briciolo di female gaze è diventato imprescindibile anche per il più tradizionale dei prodotti mainstream.

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