Cinema

Emilia Pérez: dei diritti e dei doveri di un film

Emilia Pérez, che ha ottenuto ben 13 nomination agli Oscar, è un film vorticoso e visivamente elaborato, eppure risulta anche estremamente diretto e semplice, proprio come una puntata di una telenovela

  • Oggi, 17:03
  • 2 ore fa
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Di: Chiara Fanetti  

Dalla sua presentazione a Cannes fino alla sua recente uscita in sala, Emilia Pérez ha collezionato una quantità impressionante di critiche e vittorie, polemiche e premi, insulti e complimenti. Una ricezione talmente polarizzata da rendere quasi difficile una lettura ferma, immobile e definitiva del film.

La storia del capo di un cartello della droga messicano, che si finge morto per affrontare una lungamente desiderata transizione di genere e cambiare vita, non è piaciuta a parte della popolazione messicana e nemmeno a tutta la comunità trans, e le motivazioni non sono mai banali o trascurabili quando si tratta di rappresentazione. È servito a poco ricordare - come ha provato a fare Jacques Audiard, che ha diretto e co-sceneggiato il film - che si tratta di finzione: sono arrivate delle scuse da parte sua, in particolare per il ritratto che ha dipinto del Messico, ma non sono bastate a calmare il dibattito online e su carta.

Un regista francese che, con un cast non messicano, gira in uno studio parigino gran parte delle scene di un film che parla anche di una delle ferite più profonde del Messico (narcotraffico e desaparecidos) è chiaramente una costellazione che va discussa e che a parti invertite non avremmo visto su schermo. Sono molti gli articoli, ad esempio quello del giornalista messicano Luis Pablo Beauregard su El Pais, che hanno definito superficiale il trattamento di un tema così importante, mentre altri ne hanno messo in luce lo stereotipo dello sguardo occidentale e un evidente prospettiva coloniale.

Persone che si occupano di studi di genere e di teoria queer, come lo scrittore e filosofo spagnolo Paul B. Preciado, hanno fortemente criticato Emilia Pérez, ricordando cosa significa per intere comunità, storicamente sottorappresentate, l’importanza di una raffigurazione non giudicante e non fondata su pregiudizi o semplificazioni, attraverso i media, l’arte e il cinema.

Emilia Pérez però non è un film realistico: tutto lo dichiara, non ne ha la pretesa e nemmeno lo scopo, non cerca autenticità, e di questo forse è giusto tenerne conto, nella nostra visione e lettura.

Questione di generi

Jacques Audiard è un nome internazionale del cinema francese, forse grazie anche alla sua abilità nel giocare con i codici dei generi tipici di Hollywood. Il fatto che con Emilia Pérez abbia deciso di realizzare un musical non deve quindi stupire; meno scontata è la compresenza, all’interno di un film cantato e ballato, di elementi tipici del “crime”, della commedia romantica, del film di denuncia e persino delle telenovelas. Sicuramente Audiard non ha creato qualcosa di nuovo con questa combinazione ma ha certamente generato un effetto spiazzante, una parola che al festival di Cannes 2024 è stata ricorrente, basti pensare a Megalopolis di Francis Ford Coppola e a The Substance di Coralie Fargeat. Che ci si trovi di fronte ad una nuova diffusa fase creativa piuttosto libera dalle etichette specifiche del mercato? È un’ipotesi incoraggiante, in un contesto globale che tenta di cavalcare algoritmi e tendenze sempre più veloci; in ogni caso il regista francese è riuscito ad attirare l’attenzione su qualcosa di perlomeno inaspettato, per ritmo, variazione e vicenda raccontata.

L’obiettivo iniziale dei nostri protagonisti - la transizione di genere - viene raggiunto piuttosto velocemente nel film, che procede poi sterzando verso una nuova priorità, che è quella del perdono o di una forma di redenzione. Il criminale Juan “Manitas” Del Monte diventato finalmente Emilia Pérez (Karla Sofía Gascón), grazie all’aiuto di un’avvocata (Zoe Saldana) con la quale poi sviluppa una solida amicizia, intraprende così un percorso atto a riparare i danni, a cercare giustizia, portando alla luce la verità sulle centinaia di persone scomparse che proprio il narcotraffico ha rapito e ucciso. Senza una pausa, siamo passati ad un film che parla di azione collettiva, di politica, di ferite di un intero Paese e di redenzione personale. Audiard però non ha intenzione di fermarsi qui, e ogni danza, canzone, coreografia o sparatoria ha lo scopo di ricordarci che ci troviamo di fronte ad un racconto epico, più che a un musical o a un film. Ci dice che le gesta dei nostri personaggi sono narrate attraverso una canzone mariachi, e sono lì per quello i musicisti della sequenza iniziale: una presenza che ci avvisa che stiamo entrando in un racconto che parla di amore, di morte, di tradimenti, di bugie, di vendette e di rinascita. Tutto è per forza esagerato dentro questa cornice, ed Emilia Pérez è stato amato o detestato anche per questo.

Una grande soap opera

Il film di Jacques Audiard, finanziato da Netflix ma anche da Saint Laurent Productions, appartenente all’omonima casa di moda, pone in tutta la sua struttura e lungo tutto il suo svolgimento i temi della mutevolezza, della costruzione e decostruzione, della temporalità delle cose, dei gesti, dei legami, delle persone e delle personalità. In questa vicenda fatta di passaggi molto veloci, in termini di racconto ma anche di sviluppo dei personaggi, i protagonisti di Audiard in fondo non fanno altro che inseguire la necessità di reinventarsi per non vivere più in una bugia, per non essere più prigionieri di una condizione in cui non si riconoscono perché non sono liberi, come Jessica (Selena Gomez), la moglie di Manitas, che lo piange e lo teme contemporaneamente, o anche Epifania (Adriana Paz), sposata con un uomo violento.

Emilia Pérez è un film vorticoso, è volutamente “tanto” da ricevere, eppure è anche estremamente diretto e semplice, proprio come una puntata di 20 minuti di una soap opera o telenovela, dove accade tutto e il contrario di tutto e dove ad ogni scena c’è un risvolto drammatico. È questo il suo aspetto affascinante e probabilmente è questo ciò che aveva la pretesa di essere. Le reazioni che il film ha scatenato devono comunque farci riflettere, in termini generali, su cosa cerchiamo dal cinema - o dalla finzione - come spettatori, e su quanto valore diamo a chi è la persona - o quale è il contesto - che ci sta raccontando una storia.

19:10

Dai Golden Globe alle nostre sale cinematografiche: Emilia Peréz

Tra le righe 16.01.2025, 14:00

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