Carlo Chatrian lo aveva promesso: sarà un concorso con tutti i colori del cinema, prospettiva che ancor di più si riflette anche sul resto del programma di questa 73esima Berlinale, che si è aperta con una commedia romantica, ma già alla seconda sera ha calato forse il più importante degli assi in gioco.
"She came to me" di Rebecca Miller, ci ha regalato la crisi di una coppia nella quale un affermato compositore (Peter Dinklage, il Tyrion Lannister del "Trono di Spade") in totale crisi creativa, sposato con la terapista un po' maniaco-ossessiva per le pulizie (Anne Hathaway) ritrova la voglia di comporre - e di vivere - dopo il fortuito incontro con Marisa Tomei, donna capitano di un rimorchiatore ma alla ricerca disperata di romanticismo.
Tra crisi religiose e rapporti di coppia tribolati, come tutte le commedie corali vive, in questo caso senza sussulti, soprattutto sulle eccellenti prove dei protagonisti, che si dimostrano perfetti all'interno di una narrazione fin troppo lineare.
L’attesissimo documentario di Sean Penn
Il registro però cambia radicalmente con l'arrivo, anticipato già in occasione della serata inaugurale attraverso il videomessaggio del presidente ucraino Volodimir Zelensky, di "Superpower", l'attesissimo documentario di Sean Penn e Aaron Kaufman. Nato con l'intento di raccontare nella realtà la storia di un comico diventato Presidente della Repubblica (peraltro, come sappiamo, una "visione" portata sugli schermi televisivi dallo stesso Zelensky). Penn si è trovato a raccontare i preparativi di una invasione e l'inizio della stessa. Attraverso incontri con personalità politiche e operative, dalle quali si fa spiegare i motivi che hanno portato i due Paesi al conflitto, l'attore e regista americano decide di andare oltre e di raccontare dalla sua prospettiva la guerra in corso da un anno. Mentre, l'incontro tanto atteso e pianificato con Zelensky, arriva praticamente in concomitanza con le prime bombe dell'esercito russo, da lì inizia un percorso che porterà Penn e la sua squadra di tecnici, a spostarsi fino sulla linea del fronte.
Saranno sei alla fine i viaggi di Sean Penn in Ucraina: l'ultimo pochi giorni fa, per mostrare a Zelensky e al suo staff il lavoro concluso, prima di presentarlo a Berlino. Un film che è fortemente emozionale, realisticamente imperfetto (tante immagini sfocate, molta camera a mano, e un Penn forse fin troppo presente nel racconto visuale) ma anche sincero. In conferenza stampa Penn ha confermato di aver scelto di raccontare questa storia in questo modo decisamente unilaterale per rappresentare l'assoluta unità dell'Ucraina nel perseguire la sua vittoria e ritrovare la sua libertà.
Massimo Troisi
Ricordando Troisi
Anche un po' di cinema italiano ha dato lustro al primo venerdì (il 17... Martone è scaramantico e chissà cosa ha pensato scoprendo la data) alla Berlinale. "Laggiù qualcuno mi ama" è l'omaggio di un affermato regista napoletano, Mario Martone appunto, a colui che per una generazione di cineasti è stato una fonte di ispirazione, Massimo Troisi, che proprio il 19 febbraio avrebbe festeggiato i suoi 70 anni. Attraverso i ricordi in audiocassetta e sui fogliettini raccolti durante una vita di lavoro e conservati gelosamente da Anna Pavignano, ex compagna e co-sceneggiatrice dello stesso Troisi, Martone nel suo documentario, celebra con il contributo di Paolo Sorrentino ed altri protagonisti della scena, il Massimo Troisi regista più che attore; ne racconta la storia, il triste destino e la sua eredità artistica importante e fondamentale per il cinema non solo italiano.
Berlinale, Mario Martone omaggia Massimo Troisi
Telegiornale 18.02.2023, 21:00