Cinema

L’importanza di non dimenticare la dittatura in Brasile

Il film “Io sono ancora qui” racconta la storia dalla prospettiva di chi è rimasto. Un grido di protesta per cambiare finalmente le cose

  • 14 marzo, 11:00
coverlg_home (1).jpg

I protagonisti del film di Walter Salles

Di: Red./Enrico Bianda 

La notte degli Oscar ha visto vincitore per la categoria del miglior film straniero il lavoro del regista brasiliano Walter Salles, Ainda estou aqui (in italiano, Io sono ancora qui). Un film che torna con decisione sul Brasile degli anni della dittatura. «Per la prima volta la storia delle persone torturate, uccise e fatte sparire dalla dittatura brasiliana veniva raccontata dalla prospettiva di chi era rimasto», ha affermato il regista brasiliano in riferimento all’omonimo libro di memorie che ha ispirato questo film, pubblicato nel 2015 dallo scrittore brasiliano Marcelo Rubens Paiva.

Questo film è il pretesto per provare a capire come la cultura brasiliana abbia saputo, nel tempo, fare i conti con i tanti anni di dittatura attraverso cinema, teatro, musica e letteratura. Ad Alphaville, su Rete Due, ne hanno parlato Claudiléia Lemes Dias, scrittrice e saggista brasiliana che oggi vive in Italia e Giorgio De Marchis, professore ordinario in Letteratura portoghese e brasiliana presso l’Università Roma Tre.

«Io non saprei dire se la prospettiva di chi è rimasto sia unica. È certamente l’unica possibile. Nel senso che solo chi è sopravvissuto a regime, alle torture può faticosamente tentare di trasformare questo trauma in trama e prendere la parola per chi non può testimoniare. Da questo punto di vista direi che per esempio la letteratura brasiliana negli ultimi anni si è molto interrogata sulla memoria della dittatura. La letteratura sta cercando di salvaguardare la memoria della dittatura così come anche la musica brasiliana. La musica brasiliana durante gli anni del regime, aggirando in maniera in alcuni casi straordinaria le maglie della censura, ha anch’essa espresso un altro punto di vista».
Giorgio De Marchis, professore ordinario in Letteratura portoghese e brasiliana

In Brasile, Io sono ancora qui sta avendo un successo enorme ed è tra le pellicole più viste di sempre. Come ce lo si spiega? Quali sono le le emozioni che suscita questo film nei brasiliani? 

«In Brasile questo film è arrivato nel momento giusto, in cui i militari continuano a chiedere l’amnistia per i loro crimini. Per esempio, l’8 gennaio 2022, c’è stato il tentativo di invasione di Brasilia. E ancora si chiede l’amnistia per tutti quelli che hanno invaso e depredato la capitale del Paese. Siamo in un momento storico in cui le persone sono stanche. Il film è arrivato nel momento giusto, quello in cui le persone si sono stufate di questa impunità e si ribellano alla cultura militare I militari non sono abituati al rispetto della legge dei civili, perché rispettano soltanto le norme militari».
Claudiléia Lemes Dias, scrittrice e saggista brasiliana

«Anche secondo me il film è uscito nel momento giusto o, almeno, nel momento in cui la comunità mnemonica brasiliana sente la necessità di salvaguardare la memoria della dittatura. La cultura brasiliana - letteratura, cinema, musica, in cui questo il libro e il film si inseriscono - sta partecipando attivamente a quella che è la non agevole messa in pratica di politiche della memoria in Brasile. Non agevole perché è stato un processo molto lungo, molto faticoso che ha visto in prima persona tre presidenti brasiliani, che hanno subito sulla propria persona gli effetti della repressione dittatoriale. Tutti e tre si sono impegnati, in maniera sempre più determinata, nella promulgazione di politiche della memoria che hanno portato, come nota, l’istituzione della Commissione nazionale per la verità. Il Brasile, negli anni recenti, ha visto una regressione notevole, evidente agli occhi di tutti, di questa politica della memoria. La dittatura è investita di una evidente revisione storica. Quindi credo che questo film e questo libro contribuiscano a un’ecologia della memoria sulla dittatura brasiliana».
Giorgio De Marchis, professore ordinario in Letteratura portoghese e brasiliana

La storia di Marcelo Rubens Paiva, l’autore del libro Io sono ancora qui, è alquanto incredibile ed essa è una chiave di lettura illuminante per comprendere le motivazioni che hanno portato all’elaborazione del suo volume e la conseguente resa cinematografica:

«Marcelo Rubens Piva è il figlio di uno dei più importanti avvocati difensori dei diritti umani brasiliani, che è stato sequestrato, torturato, assassinato nel 1971. Questa vicenda è al centro del memoir familiare, Sono ancora qui. Questo libro è la ricostruzione del trauma familiare sulla scomparsa del padre. Al tempo stesso a me sembra anche un tributo alla madre, una straordinaria dichiarazione d’amore, una madre non particolarmente amorevole con i suoi cinque figli, ma ammirevole e ammirata dal figlio per la sua tenace lotta per la giustizia e contro il crimine che aveva portato alla scomparsa del padre».
Giorgio De Marchis, professore ordinario in Letteratura portoghese e brasiliana

Il corpo del padre di Marcelo Rubens Paiva non è mai stato ritrovato: l’esercito ha occultato la sua detenzione e ha occultato anche l’omicidio dichiarando l’evasione di Rubens subito dopo il suo arresto. Il figlio ha vissuto una condizione comune a molti. Questo aspetto della mancanza di tracce, di testimonianze fisiche, delle azioni della dittatura, ha condizionato profondamente le espressioni culturali brasiliane che hanno tentato di lavorare attorno alla memoria. La pellicola ne è una diretta testimonianza ed essa, proprio per questo, ha lasciato un impronta indelebile sul popolo brasiliano:

«Basti pensare che il Carnevale in Brasile si è fermato per annunciare che il film aveva vinto l’Oscar. Quindi vedere le sfilate e tutti in attesa del risultato significa che il film ha raggiunto l’obiettivo di ricordare chi siamo come popolo. E questa storia è in divenire, l’obiettivo è quello di ottenere finalmente giustizia per tutti i morti scomparsi».
Claudiléia Lemes Dias, scrittrice e saggista brasiliana

«Il successo internazionale del film è la conquista più grande che si poteva ottenere: il fatto che un film abbia reso popolare un evento così traumatico della storia brasiliana è di per sé ciò che di più importante a cui si poteva ambire».
Giorgio De Marchis, professore ordinario in Letteratura portoghese e brasiliana

21:44

“Io sono ancora qui”

Alphaville 05.03.2025, 12:35

  • iStock
  • Cristina Artoni

Ti potrebbe interessare