“Il 26 febbraio 2025, intorno alle 13:45, gli agenti dello sceriffo della contea di Santa Fe sono stati inviati a un indirizzo su Old Sunset Trail a Hyde Park, dove Gene Hackman, 95 anni, sua moglie Betsy Arakawa, 64 anni, e un cane sono stati trovati senza vita.” A rivelarlo è la dichiarazione rilasciata dall’ufficio dello sceriffo della contea di Santa Fe. Fredda come un comunicato stampa, spietata come la scena di un film hollywoodiano nel quale Gene avrebbe recitato la parte del duro.
Un ruolo che gli si addiceva a pennello e che, erroneamente, aveva per un certo tempo ritenuto l’unico possibile. Hackman credeva che per fare cinema fosse indispensabile essere belli: “Questa idea mi veniva dai tempi in cui Errol Flynn era il mio idolo. Uscivo dal cinema e rimanevo sorpreso guardandomi allo specchio, perché non assomigliavo a Flynn. Ma dentro di me, mi sentivo come lui.” Per questo si era convinto che per lui esistessero solo due parti: quella del cattivo e quella dell’uomo comune. Per fortuna, le decine di opere da lui interpretate avrebbero dimostrato che si sbagliava.

Tutto iniziò durante l’infanzia, grazie a un innato amore per il cinema: “Credo di aver voluto fare l’attore fin da quando avevo circa 10 anni, forse anche prima. Ricordo i primi film che vidi e gli attori che ammiravo, come James Cagney ed Errol Flynn, quei tipi romantici e d’azione. Quando li guardavo, sentivo di poterlo fare anch’io. Penso che se hai qualcosa dentro di te e lo vuoi davvero, puoi farcela.” Servì tempo e ostinazione. Un periodo trascorso passando da un lavoro all’altro, prima vendendo scarpe da donna, poi lucidando mobili in pelle e in fine guidando camion, fino a che, dopo anni di studio, giunse la prima occasione. In principio si trattò di piccoli ruoli televisivi, poi il suo incontro con Robert Rossen e Warren Beatty, sul set di Lilith - La dea dell’amore (1964), tracciò la rotta che lo avrebbe condotto a Gangster Story (1967) e alla sua prima candidatura all’Oscar. Fu allora chiaro a tutti che un’altra stella si era accesa nel firmamento di Hollywood. Del resto, quando in compagnia di Dustin Hoffman e Robert Duvall si era messo a studiare recitazione, in molti sarebbero stati pronti a scommettere che se uno dei tre era destinato a farcela, quello sarebbe stato Gene. Non sorprese dunque ritrovarlo ad attendere il secondo Oscar mancato con Anello di sangue (1971), ancor meno stupì vederlo ritirare la prima statuetta grazie al suo ruolo più emblematico, quello di Jimmy Doyle ne Il braccio violento della legge (1972). La parte di “Popeye” gli si incollò tanto addosso da doversela trascinare a lungo fuori dal set, nella vita privata come nei film a seguire, ma senza mai rinnegarla. Un ruolo non facile, troppo distante, nella sua natura violenta, dall’animo tutt’altro che brutale di Gene.
Spesso, gli attori restano incastrati nei ruoli che più li hanno resi celebri, ma Gene Hackman non aveva alcuna intenzione di obbedire ciecamente alle leggi del mercato. Stanco di interpretare film drammatici, durante una partita a tennis chiese all’amico Mel Brooks di ritagliargli una parte in Frankenstein Junior (1974), ritrovandosi nel breve quanto iconico ruolo dell’eremita cieco. Lex Luthor, il villain dai tratti umoristici di Superman (1978), rafforzò l’idea di un attore versatile e poliedrico che, pur trovandosi più comodo in parti drammatiche, sarebbe tornato più volte a flirtare con la commedia, da Get Shorty (1995) a Piume di struzzo (1996), fino ad approdare alla sua memorabile interpretazione de I Tenenbaum (2001).
Candidato come migliore attore protagonista per Mississippi Burning - Le radici dell’odio (1988), vinse la sua seconda statuetta grazie a Gli spietati (1992). Costellando quasi cinquant’anni di carriera con due BAFTA e quattro Golden Globe, non perse mai l’umiltà di chi sa stare coi piedi ben saldati a terra, perfettamente conscio che essere un attore di successo comporti “un settantacinque percento di pura fortuna. Il resto è solo resistenza.” La sua logica era dopotutto quella per cui, per essere un bravo attore, non ci si deve identificare in una star, poiché “se ti consideri una star, hai già perso qualcosa nella rappresentazione di qualsiasi essere umano.”
Gene Hackman ufficializzò il proprio abbandono delle scene nel 2008, ma l’ultimo ruolo lo aveva interpretato quattro anni prima nel film Due candidati per una poltrona (2004). Hollywood non l’aveva abbandonata solo sui red carpet o sotto i riflettori, ma nella vita di ogni giorno. Aveva scelto di vivere lontano dalla città che lo aveva reso celebre, in quella Santa Fe nella quale lo sceriffo Adan Mendoza è ora alle prese con tre cadaveri, quello di un cane, di un divo del cinema e della pianista che questi aveva sposato, e con cui viveva da più di trent’anni. “Questa è un’indagine ancora in corso,” ha dichiarato Mendoza, di fronte a un grattacapo che avrebbe preferito evitare. “Tuttavia, al momento, non riteniamo che vi siano segni di attività criminale.”
Al cinema!
Tra le righe 27.02.2025, 14:00
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Qualsiasi cosa potrà emergere dalle indagini, resta di Gene Hackman il suo genio. Come ha scritto George Takei alla notizia della scomparsa: “Abbiamo perso uno dei veri giganti del grande schermo. Gene Hackman sapeva interpretare chiunque, e dietro ogni personaggio si poteva percepire un’intera vita. Poteva essere tutti e nessuno, una presenza imponente o un uomo qualunque. Questo era il potere della sua recitazione. Ci mancherà, ma il suo lavoro vivrà per sempre.”

Un ricordo di Gene Hackman
Telegiornale 27.02.2025, 20:00