Cinema

La nostra vita a Garden State

Il film indie che ha segnato una generazione compie 20 anni. Ma cosa l’ha reso così speciale?

  • Oggi, 08:00
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  • K.C. Bailey/Camelot Pictures
Di: Francesco Gabaglio

Molti di noi, nella vita, si saranno trovati un po’ persi in quella zona grigia che arriva subito dopo l’adolescenza. Tra i 20 e i 30 anni non si è più teenager ma, a volte, non ci si sente ancora adulti e si è ancora alla ricerca di una propria identità, di un posto stabile nel mondo. Chi appartiene alla generazione dei millenial, però, ha avuto la fortuna di vivere questo periodo in concomitanza con l’uscita di Garden State. Il film, uscito a luglio 2004 e opera prima di Zach Braff (conosciuto come attore protagonista nella serie Scrubs) è considerato un film generazionale; sia perché è riuscito a rappresentare in modo particolarmente efficace il vissuto e i gusti musicali ed estetici di molti, sia perché è una testimonianza straordinaria dei primi anni Duemila e della cultura indie, che stava vivendo un’epoca d’oro.

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  • K.C. Bailey/Camelot Pictures
Temi

Andrew Largeman, giovane aspirante attore semi-fallito, vive a Hollywood ma deve tornare in New Jersey nella casa dove è cresciuto per assistere al funerale di sua madre. Qui fa incontri piuttosto bizzarri che lo portano a fare i conti con sé stesso e con il proprio passato. Il primo tema è quindi quello della casa: tornato nel suo sobborgo nativo, Andrew si accorge di essere diventato un estraneo:

Sai quando arrivi a quel punto della tua vita in cui ti rendi conto che la casa in cui sei cresciuto non è più casa tua? Improvvisamente, anche se hai un posto dove mettere le tue cose, l’idea di casa non esiste più... o forse è un rito di passaggio e non proverai più la stessa sensazione finché non ti creerai un’idea di casa per te, per i tuoi figli, per la famiglia che avrai. Forse è una specie di ciclo. E forse una famiglia è proprio questo: un gruppo di persone che hanno nostalgia di un posto immaginario.

Ma non avere un posto nel mondo significa anche non avere un impiego fisso, e quindi nessuno dei personaggi del film ha un lavoro stabile o soddisfacente. L’unico che ce l’ha fatta è diventato ricco per un singolo guizzo di genio e vive in una specie di reggia che è troppo pigro per arredare.

In tutto ciò, i tardo-ventenni devono scendere a patti con un passato che comincia a farsi consistente: non vivono più in un eterno presente e devono portarsi addosso il peso di esperienze e avvenimenti che li hanno segnati. E, quindi, l’altro grande tema che emerge è quello della salute mentale. Garden State è una storia che parla di come, sotto il peso del passato, possiamo correre il rischio di proteggerci troppo per paura di stare male, e reprimere così i nostri sentimenti. In Garden State lo fanno tutti, chi con psicofarmaci, chi con droghe ricreative e chi vivendo in un mondo di fantasia. La forza del film, però, è quella di trattare tutti questi temi con quella leggerezza bizzarra e malinconica che è poi diventata tipica della cultura indie. Si ride e si piange, ma sempre con un distacco un po’ sognante.

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  • K.C. Bailey/Camelot Pictures
Personaggi

Il protagonista è Andrew Largeman (interpretato da Zach Braff, regista e sceneggiatore del film). Braff attinge dalla sua esperienza in Scrubs e dà vita a un personaggio realistico e complesso, silenzioso e un po’ apatico, che incarna il vuoto esistenziale percepito da una generazione intera.

E poi c’è Sam (Natalie Portman), la ragazza che Andrew conosce appena tornato in paese. Anche in questo caso lo sforzo di allontanarsi dalla tipica protagonista femminile è evidente ma, in questo caso, il film è invecchiato peggio: Sam incarna un nuovo prototipo, quello della manic pixie dream girl, che proprio allora veniva codificato come archetipo di personaggio. Un archetipo nuovo ma ancora lontano da una rappresentazione realistica, nonostante Braff abbia evidentemente cercato di conferire al personaggio una certa originalità e tridimensionalità.

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  • K.C. Bailey/Camelot Pictures
Musica

La colonna sonora, assemblata da Braff in base ai suoi gusti personali prima ancora che al servizio del film stesso, riesce a rappresentare e allo stesso tempo a veicolare lo spirito malinconico, introspettivo e raccolto del film.

È una collezione incredibile di capolavori di quella che allora cominciava ad emergere come una nuova ondata di musica indie. Troviamo i The Shins, che vengono anche menzionati nel film (“Gli Shins, li conosci? Devi sentire questa canzone, ti cambierà la vita. Te lo giuro”), ma ci sono anche i primi Coldplay, il folk ovattato di Iron and Wine e i Frou Frou (progetto di Imogen Heap), mentre il trailer, col quale il film si presenta al mondo, ha la musica dei The Postal Service. Accanto a questi artisti troviamo anche alcuni big del passato come Simon & Garfunkel, Nick Drake e Colin Hay, che con la loro musica hanno in qualche modo funto da precursori dell’indie. Gran parte del fascino del film sta qui: nella sua colonna sonora.

Un manifesto generazionale

Tutti questi elementi, insieme a un gusto estetico e a una fotografia eccezionale che si è prestata anche alla condivisione di varie inquadrature sul web, hanno determinato il successo di Garden State. Certo, non è un film perfetto: riguardarlo oggi significa notare alcune ingenuità e imperfezioni date anche dal fatto che Zach Braff ricopriva per la prima volta il ruolo di regista e di sceneggiatore. Ma ciò non toglie che, ancora oggi, ha una schiera nutrita di fan che in quel film si riconoscono e lo amano per tutto quello che ha rappresentato e che rappresenta: un vero e proprio manifesto generazionale.

Ho visto cose - 23 luglio 2024

RSI Cultura 25.07.2024, 09:53

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