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Lady in the lake: la serie con Natalie Portman

Tratta dal bestseller del 2019 di Laura Lippman, è un esempio di come si può parlare di femminicidio senza prestare il fianco ai razzisti e alle loro mistificazioni  

  • 7 settembre, 12:17
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Lady in the lake

  • Courtesy of Apple
Di: Valentina Mira

Un primo fraintendimento che può esserci su Lady in the lake, serie in streaming su Apple+ dal 19 luglio, è che sia tratto da “The lady in the lake”, romanzo hard boiled di Raymond Chandler del 1943 considerato uno dei migliori gialli di tutti i tempi (è nella lista dei 100 più importanti sia per la Crime Writers’ Association sia per la Mystery Writers of America).

Il romanzo di Chandler aveva dato vita nel 1947 a un film diretto e interpretato da Robert Montgomery che ebbe un buon successo di pubblico e la caratteristica di essere girato interamente in soggettiva, cioè dal punto di vista del protagonista (l’ispettore Marlowe) non mostrandolo quasi mai. La tecnica, molto poco utilizzata nella storia del cinema, era finalizzata a creare empatia negli spettatori, ma risultò da questo punto di vista fallimentare: si scoprì che era importante che si potesse vedere il viso del protagonista, e dunque le relative emozioni, per identificarsi al meglio con lui.

Non è dunque a questa storia che si collega Lady in the lake, la serie prodotta e recitata (anche) da Natalie Portman. Tuttavia, anch’essa è tratta da un libro. Si tratta dell’omonimo bestseller del New York Times del 2019 scritto da Laura Lippman. La trama, in breve: siamo nella Baltimora degli anni Sessanta del Novecento, e una donna abbandona il marito maschilista e violento per diventare giornalista investigativa, a partire da un omicidio irrisolto. Gli omicidi in realtà sono due, quello della undicenne Tessie Durst e quello di una donna afroamericana di nome Cleo Johnson, la vera e propria “lady in the lake”.
Il romanzo di Laura Lippmann è basato su due storie vere.
Il primo caso era quello di Esther Lebowitz, undicenne rapita e uccisa di cui i media parlarono molto a lungo e approfonditamente, nonché morbosamente: all’epoca la scrittrice aveva dieci anni e rimase colpita dalla scoperta che una sua coetanea potesse essere fino a tal punto in pericolo. Altrettanto sarebbe rimasta sbalordita del fatto che nello stesso periodo (il 2 giugno 1969) un operaio avrebbe trovato nella fontana del Druid Hill Park di Baltimora il corpo di una trentacinquenne nera identificata come Shirley Lee Parker, una barista e contabile, una giovane donna di cui - diversamente dalla bianca Lebowitz - non si sarebbe parlato affatto. Al contrario: nessuno fu mai accusato della sua morte.

Il rapporto tra fatti e finzione è chiarito dalla stessa Lippman che, in un’intervista rilasciata a NPR, ha dichiarato: «Una volta che ho deciso che un crimine reale sarà la mia fonte di ispirazione, non faccio più ricerche a riguardo. Perché non voglio sapere nulla di quel reato. Mi ha attirato per una sorta di possibilità tematica».

È legittimo romanzare su un duplice femminicidio? Il discorso è più che attuale, si pensi al libro vincitore in Italia del premio Strega, “L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio, ispirato al delitto del Morrone. Auspicabile in una prospettiva femminista è la richiesta del consenso a eventuali parenti e sopravvissute; e di certo dichiarare, come ha fatto Lippman, che il romanzo è solo “ispirato a” quei fatti.

Importante e centrale, sia nel romanzo di Lippman sia nella serie, è l’antirazzismo. Perché di razzismo è fatto il caso - azioni e omissioni - della ragazza nel lago. Così come certe strumentalizzazioni, di converso, dei (in percentuale, pochi) femminicidi compiuti da persone razzializzate su donne bianche. Questo naturalmente sta alla responsabilità autoriale, che resta libera, come libera è la sua critica.

La serie Lady in the lake unisce thriller e musical, e questo la rende sui generis. Nella produzione c’è anche la stessa autrice, oltre che la già citata Natalie Portman, mentre lo show è creato e diretto da Alma Har’el. Un ruolo fondamentale è ricoperto con grande maestria dalla diva, premio Oscar e candidata agli Emmy, Moses Ingram. Sono in tutto 7 episodi da circa un’ora ciascuno, e l’ultimo uscirà ad agosto; la serie è visibile non solo su Apple+ ma anche su Sky Glass, Sky Q e tramite l’app Now Smart Stick.

Una scelta importante di Alma Har’el riguarda la writer’s room, che ha voluto fortemente che fosse composta soprattutto da donne nere.
Le domande che Har’el si fa, e a cui cerca di rispondere, le ha esplicitate in un’intervista: «In che modo la sopravvivenza crea il carattere? E perché il carattere è uguale al destino?».
Una della sue protagoniste sembra rispondere con il breve monologo in voice-over in cui afferma: «Mi sono rivolta alla politica per essere libera. A un pappone per avere protezione. A un pastore per ottenere la guarigione. Ma alla fine ero sempre e comunque sola».

Negli anni Sessanta a Baltimora troviamo tematiche purtroppo più che attuali; a parte il razzismo e il sessismo che portano ai due femminicidi, ci sono i nazisti, c’è l’antisemitismo. Il quadro storico è ricostruito anche dalle battute dei personaggi, per cui a un certo punto ci sarà un riferimento a Elvis, peraltro critico, quando in un bar si racconterà di essere stati a casa del cantante e che c’era una bambina che giocava a campana. Alla domanda se fosse la figlia di Elvis, lui avrebbe risposto: «Non è mia figlia, è mia moglie!», e il riferimento è evidente, ed è a Priscilla, già protagonista di un film quest’anno.

C’è anche la stand up comedy e echi di Mrs Maisel, solo in chiave antirazzista. A conferma del fatto che il refrain per cui “non si può più dire niente” e la cosiddetta cancel culture impedirebbe l’ironia, ci sono battute come: «Quando ero piccolo in Georgia vedevo molti neri appesi agli alberi, quando andavo a scuola. Credete che sia una cazzata? Scherzo: non andavamo a scuola!»

C’è quindi la critica, e avviene proprio tramite l’ironia. Quando è antirazzista anziché il contrario fa semplicemente più ridere.
Lady in the lake è un esempio di come si possono trattare in modo responsabile e tuttavia creativo le elaborazioni romanzate di casi di cronaca delicati. Visti i tempi, sarebbe opportuno che chi vuole farlo prenda appunti, anziché prestare il fianco a narrazioni femonazionaliste e ghettizzanti delle comunità razzializzate.

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Telegiornale 24.05.2023, 20:00

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