Cinema

Sulla strada per l’Orso d’oro

Giro di boa per il concorso della 75ma Berlinale: tra sorprese, delusioni e tanta varietà

  • 19 febbraio, 14:00
Il festival si apre giovedì

Il festival si apre giovedì

  • Keystone
Di: Alessandro Bertoglio 

A Berlino è il momento di iniziare a tirare le somme giunti a metà (abbondante) delle proiezioni dei film in concorso. Sono 19 i film in competizione, tra questi una coproduzione svizzera, “Mother’s baby”, uno degli ultimi presentati e siamo in attesa di scoprire “La cache”, il nuovo film di Lionel Baier.

Le prime sensazioni sono quelle di un concorso molto vario, per tematiche, stili, personalità ed esperienza degli autori: una ampiezza che non faciliterà il lavoro di Todd Haynes e della sua giuria, ma nemmeno quello dei critici.

Ad inaugurare le presentazioni il film “Sheng xi zhi di” (Living the Land) di Huo Meng, che ci tuffa in una Cina rurale del 1991, dove la modernità sta cominciando a soppiantare le tradizioni consolidate nel tempo. Nel villaggio dove il film è ambientato, gli scambi sono in natura, un ragazzino con un ritardo mentale ha comunque il suo piccolo posto nella società, il lavoro è sempre duro poco remunerativo. Senza dimenticare il controllo delle nascite, che limita le possibilità di guadagno. Un film poetico e intenso. A differenza del poco riuscito “Hot Milk” di Rebecca Lenkiewicz, che ambienta la sua storia in Spagna, ad Almerìa, dove una donna con seri problemi di salute si trasferisce, accompagnata dalla figlia, per affidarsi alle cure di un medico-sciamano. La Lenkiewicz costruisce un discorso che tocca temi importanti: la malattia, la cura (anche palliativa, anche con terapie non convenzionali) e i diritti di chi cura un parente a casa.

Sorprendente il film brasiliano “O último azul” (The Blue Trail) di Gabriel Mascaro, che sullo sfondo della crisi che attanaglia il Paese (qui viene ipotizzato che tutte le persone con più di 75 anni debbano forzatamente ritirarsi in “colonie” attendendo la fine della vita e liberando case e impieghi per i più giovani) ci regala la splendida prova attoriale di Denise Weinberg che a quest’obbligo decide di non voler sottostare. Vorrebbe prima di morire fare un volo, ma la figlia che ora ha la sua tutela, non glielo permette, così lei fugge (più di una volta) finché non incontra un’altra donna che vive su una barca, vende Bibbie digitali ed è... libera!

Dalla Francia arriva il grigio ma tutto sommato convincente “La Tour de Glace”, storia di una ragazzina che fugge da un orfanotrofio e si nasconde in un set cinematografico dove si gira “La regina delle nevi” con protagonista l’enigmatica Cristina (Marion Cotillard). Per la 16enne Jeanne (Clara Pacini) è l’occasione di scoprire un mondo nuovo e, soprattutto, affacciarsi alla vita.

Atteso con interesse per il regista, Michel Franco (a Venezia aveva convinto con “Memory” nel 2023) e per il cast, con -ancora- Jessica Chastain e Isaac Hernández, primo ballerino dell’American Ballet Theatre, “Dreams” vuole raccontare sia la questione scottante dell’immigrazione illegale dal Messico (Hernández è il ballerino Fernando che entra di nascosto in California per ricongiungersi con Jennifer, ricca rampolla di una famiglia molto benestante, con la quale ha una relazione) che si occupa di beneficenza e filantropia proprio in ambito di danza. Dopo le prime incomprensioni, la coppia pare stabilizzarsi, ma quando Fernando viene arrestato e rimpatriato e Jennifer lo raggiunge in Messico, la loro relazione diventa tossica.

Ancora dalla Francia arriva “Ari” di Léonor Serraille: protagonista un giovane inconcludente che viene cacciato di casa dal padre e cercando di riunirsi a vecchi amici e conoscenze, intraprende -finalmente- un percorso di crescita verso l’età adulta. Un film visivamente compiacente verso questa tipologia di giovani incapaci di prendere in mano la propria vita, con la società che certo non aiuta.

E’ invece un esercizio di stile, non riuscito, “Reflet dans un diamant mort” di Hélène Cattet e Bruno Forzani. Tra i protagonisti un Fabio Testi, spia ritiratasi per limiti d’età in un hotel sul mare, circondato dai ricordi della vita professionale e catapultato in un intreccio confuso e pretenzioso, anche visivamente, da una dark lady. Disapprovazione manifesta dei critici.

“El mensaje” (The Message) dell’argentino Iván Fund, girato in bianco e nero, ci catapulta in un Paese sull’orlo della miseria, in cui una ragazzina che ha il potere di parlare con gli animali, vivi e morti, gira su un furgone-camper insieme a due adulti Myriam e Roger, che sfruttano le sue capacità per sbarcare il lunario. Senza meta, probabilmente senza un futuro chiaro, ma con tanta dolcezza, capace di conquistare il pubblico.

L’altro film super-atteso, dopo il buon successo di “Hitman” a Venezia 2023 era il “Blue Moon” di Richard Linklater che ha deciso di raccontare la storia di Lorenz Hart (Ethan Hawke) un paroliere di grande successo a cui si devono successi immortali come, appunto, “Blue Moon”, “My Funny Valentine” e “The Lady Is a Tramp”. Linklater lo fa calandosi nell’angusto spazio del bar Sardi di New York: è la sera del 31 marzo 1943, quella del debutto a Broadway di “Oklahoma!”, il musical scritto dall’ex partner di Milton, Richard Rodgers. Quando la compagnia si ritrova per festeggiare al Sardi, Hart, le cui condizioni mentali sono in netto peggioramento, lui ne resta escluso ma trova il modo di assistere alla gloria a lui sfuggita. Quella di Linklater è una riflessione sull’arte, l’amicizia e il successo, che non convince, a parte qualche battuta ben riuscita. Troppo parlato, troppo claustrofobico (si svolge praticamente tutto nei locali del bar) e forse un po’ troppo ambizioso.

Per finire, ecco “Mother’s Baby” della regista austriaca Johanna Moder, coproduzione tra Austria, Svizzera e Germania. Protagonista una coppia felice ma non realizzata: manca un figlio a rendere ideale la vita. Julia (bravissima Marie Leuenberger), direttrice d’orchestra di successo e il compagno Georg (Hans Löw) si affidano al guru della fertilità dottor Vilfort (Claes Bang). Il parto è difficile, il neonato ha una crisi respiratoria e viene portato in un altro ospedale. E qui nascono i dubbi di Julia, che non lo sente suo, non lo sente piangere come sarebbe normale e inizia ad indagare contro il parere del marito, che si distacca da lei. Un thriller ben girato ma che avrebbe potuto avere più tensione e più ritmo: così sembra più da piattaforma che da cinema.

11:46

75° Festival Internazionale del cinema di Berlino 

Alphaville 17.02.2025, 18:00

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