Cinema

Tanti auguri donna Sufì

Un radiodramma in omaggio a Sofia Loren che spegne 90 candeline

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Se vuoi io ci sono Sophia Loren

Margherita Coldesina 20.09.2024, 07:30

Di: Margherita Coldesina 

Nasceva oggi, 90 anni fa, l’ultima diva ancora in vita. L’ultima star. E il luogo dove Romilda Villani, sosia di Greta Garbo e pianista, il luogo, a Roma, dove diede vita alla sua bambina si chiamava Clinica Regina; un nome profetico. Oggi, 20 settembre, Sofia Loren compie 90 anni e si trova a Ginevra, dove vive da decenni. Tra otto giorni toccherà alla sua rivale Brigitte Bardot spegnere l’identico cospicuo numero di candeline. Ma oggi BB non c’entra, e a dire il vero non è mai c’entrata molto con Sofia, perché – a eccezione della bellezza e notorietà – le due non erano rapportabili in niente: condotte diverse, valori diversi. Oggi siamo qui a celebrare Sofia. Sofia, quando la immagini, a te fan sembra che arrivi da un altro mondo – e questo è un fatto, ma non sai mica dirti il perché. L’hai vista in decine di film, migliaia di foto e video interviste, quindi credi di sapere com’è fatta. E invece, quando la incroci per sbaglio, anzi: per una fortunatissima concatenazione di eventi, ecco, ti lascia a bocca aperta. Perché è… iniziamo col dire che è più alta, molto più di quanto ti aspettassi; ma è sbagliato dire alta - non si tratta di altezza, anche se sì, è altissima, lo è – e tuttavia… è più una questione di luce. Luce dorata che emana tutt’intorno. Non che si sia qui a parlare di un Buddha, bene inteso. È Sofia a essere così: di più. È di più, semplicemente. Dunque Sofia compie 90 anni oggi. E però solo gli ultimi 72 li ha sigillati con un nome da star del cinema – Sophia Loren, Sophia col ph. Per i primi 18 anni si è portata sulle spalle, come uno zaino pesante, il cognome del padre - cognome conquistato a fatica, visto che l’ingegner Scicolone non aveva riconosciuto né lei né sua sorella Maria. Maggiorenne, ecco il primo gesto di emancipazione da un passato fatto di miseria, fame, guerra e anonimato. Nel ’54 è dunque Loren: nome abbagliante, vincente, sulla falsa riga della grande attrice svedese Märta Torén. Erano già due anni che tutti la conoscevano così, con quel nome luccicante, quando interpreta la pizzaiola procace de “L’oro di Napoli”, ruolo che la scaraventa fuori dalla caverna dell’invisibilità e la proietta nell’Olimpo del cinema con la C maiuscola. Merito dell’incontro col maestro Vittorio De Sica, che la dirige nel suo primo ruolo indimenticabile:

Sophia dimentica Sofia, o meglio: la mette da parte (non rinnegherà mai la povertà che ha attraversato tutta la sua infanzia), e lo fa perché, da sempre, Sophia è sorretta da grande intuito e grande fiducia nelle persone che incontra sul cammino professionale. A cominciare da Carlo Ponti, il più potente produttore dell’epoca. Attorno a una bellezza adamantina ancora da sgrezzare, occorreva costruire solide impalcature, degne di un’epoca in cui le star firmavano sì contratti milionari con le major, ma a quale prezzo. E Ponti sapeva come costruire da zero una star. Un produttore che arrangiasse la tua vita come si apparecchia una tavola. Alla perfezione. E Sophia l’aveva trovato. Poco importava se poi, per contratto, dovevi fingere di fumare per far pubblicità alle sigarette. O fare moine ai giornalisti. O fingere di amare il celebre Pinco, quando invece amavi Pallino, che però era povero in canna e sconosciuto. L’equazione del successo porta immancabilmente al risultato e Hollywood arriva presto, e con l’America ecco anche il glamour, con quella prima copertina su Life del 1955 che segna l’inizio della sua carriera internazionale.

Il vertice della consacrazione a star mondiale di Sophia arriva con la vittoria del primo Oscar: è il 1962 e la Loren ha convinto tutti con la sua interpretazione di Cesira nella traduzione cinematografica de La ciociara di Alberto Moravia. E anche qui è De Sica a insegnarle tutto. 28 anni appena compiuti e un Oscar in bacheca. Ma mica finisce qui: arriva anche la Palma d’oro a Cannes, il BAFTA, il David di Donatello e il Nastro d’argento; e poi c’è il TIME, che le dedica una copertina con un’illustrazione di René Bouché. La “virata” da Sofia a Sophia – da splendida, avvenente vent’enne dotata di una bellezza quasi violenta – si compie del tutto con questa iniziazione: ora è davvero un’attrice. Bravissima.

Al trionfo di Sophia Loren a Hollywood e in tutto il mondo, dopo essere stata diretta da Mario Monicelli, Ettore Scola, Dino Risi, Mario Camerini, Charlie Chaplin, Sidney Lumet, George Cukor, Michael Curtiz, Anthony Mann e André Cayatte (per citarne pochi), ecco aggiungersi la gioia più grande, più attesa, più sudata: quella della maternità. Dopo due tentativi sfortunati, in una clinica di Ginevra nascono Carlo Jr. nel 1968 e Edoardo nel 1973. Il primogenito diventa direttore d’orchestra, mentre Edoardo, il cineasta, ancora oggi dirige mamma Sophia sul set. Mamma Sophia che, nel frattempo, è diventata commossa nonna di quattro nipotini. 

Nel frattempo, i coniugi Ponti (finalmente liberi dalle accuse di bigamia, convolarono a nozze nel 1966) sono diventati grandi collezionisti d’arte, e i muri delle loro case – da quella storica, sull’Appia Antica (1300 metri quadrati), a soli dieci minuti dal Colosseo, alla dimora di Ginevra, dove ho ambientato il radiodramma “Se vuoi io ci sono, Sofia Loren”, sono tappezzati di opere d’arte. A Villa Sara, a Roma, dove erano di casa De Sica, Fellini, Anthony Quinn e Kirk Douglas, Alberto Sordi volle ambientarci la prima scena del suo film “Un tassinaro a New York”, per via di quella testa di medusa ricreata a mosaico… Ma la collezione Ponti-Loren contava più di 150 opere, tra cui figurano Matisse, Cézanne, Picasso, Braque, Dalì, Canaletto, Renoir, De Chirico, Balla, Magritte, Kokoschka, Francis Bacon. Un quadro di quest’ultimo venne venduto dall’Acquavella Galleries di New York per più di 15 milioni di dollari nel 2007. E mica era l’unico.

La seconda, definitiva consacrazione è del 1991, con l’Oscar alla carriera accompagnato dalla seguente motivazione: «Per una carriera ricca di film memorabili che hanno dato maggiore lustro alla nostra forma d’arte.» Così l’Academy premiò nuovamente Sophia che, anche in quell’occasione, a 57 anni rovesciò tutta la sua raffinatezza presentandosi fasciata in Valentino, un abito sottoveste nero. Spettacolare. Ma per ritirare cinque Golden Globe, il Leone d’oro e la Coppa Volpi a Venezia, un Grammy Award, un Prix al Festival di Cannes, l’Orso d’oro alla carriera al Festival di Berlino, eccetera eccetera… i principali complici sono stati Dior, Guy Laroche, Gucci, Armani, Dolce&Gabbana e tante altre star della haute couture.

Ora però, per tornare alle celebrazioni di compleanno, per festeggiare i favolosi 90 anni di Sophia Loren, a mio parere occorre allontanarsi dal clamore di Hollywood, dal luccichio di Rodeo Drive, dagli attici, i grattacieli, le serate di gala e le formidabili impronte dei tacchi a spillo che Sophia ha voluto affondare accanto alla sua stella sulla Hollywood Walk of Fame. Per essere fedeli all’animo di Sofia Scicolone, la ragazza nata povera, la ragazza col broncio che non si fidava di nessuno, la giovane donna che – sbocciando – ha incantato il pianeta, preferisco invitarvi all’ascolto del mio personalissimo incontro con lei. Un incontro sognato per anni, immaginato in ogni minimo dettaglio, un appuntamento (per ora) mancato. Una riunione intima fra due donne, due attrici; una famosa, una non ancora. Una anziana, una non ancora. Una napoletana 100%, l’altra al 50, ma un 50 convinto, ostinato e fiero. E prima di invitarvi a cliccare PLAY e ascoltare “Se vuoi io ci sono, Sofia Loren”, mi congedo con un momento memorabile della carriera di questa partenopea che ha fatto sognare il mondo. Eccola. Eccola nel mambo più pazzesco che si sia mai visto ballare nella storia del cinema. E forse anche nella vita normale. Che poi: c’è differenza?

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