Cinema

Un Rogowski eccezionale

L’attore tedesco è perfetto in “Lubo”, presentato a Venezia 80 e ora nelle nostre sale

  • 27 marzo, 08:12
Franz Rogowski- Lubo
Di: Alessandro Bertoglio

“Hilfswerk fur die Kinder der Landstrasse”: comincia da questa pagina nera della storia svizzera il convincente “Lubo” di Giorgio Diritti, film presentato in concorso a Venezia nel 2023. 

Il “programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada” è stato un progetto attuato dalla fondazione Pro Juventute dal 1926 al 1973 che colpiva in particolare la minoranza degli Jenisch itineranti in Svizzera, togliendo alle famiglie, con la forza, i figli per rinchiuderli negli orfanotrofi o, nel migliore dei casi, in case famiglia.

Siamo nel 1939: Lubo Moser (Franz Rogowski) subisce l’allontanamento violento dalla famiglia: mentre lui viene arruolato di forza tra le fila dell’esercito svizzero, la moglie resta uccisa nel tentativo di impedire ai gendarmi di prendere i loro tre figli piccoli. Soldato diligente e disperato, alla prima occasione diserta, dopo aver aiutato un contrabbandiere a trasportare della merce ed averlo ucciso, prendendone l’identità. Per Lubo inizia una doppia vita: quella nei panni del facoltoso uomo affabile e ricco che traffica merci rubate e quella del padre alla continua e speranzosa ricerca di tracce dei propri figli. Nel suo percorso incontrerà anche l’amore e la possiblità di farsi una nuova famiglia, ma sarà ovviamente chiamato a fare i conti con la realtà.

Lubo è un personaggio ingiustificabile per le sue azioni, ma nel film non si riesce a non empatizzare con lui, grazie anche all’interpretazione di Rogowski. Dopo il trauma del distacco dalla famiglia, vive di espedienti e di speranze, cambiando lingua, contesto sociale, mestiere.

Girato in parte in Ticino e nelle zone di confine, “Lubo” ha una sceneggiatura solida (tratta dal romanzo di Mario Cavatore, “Il seminatore”) che si mette al servizio della regia di Giorgio Diritti sia sul piano narrativo che su quello drammaturgico, il tutto assemblato con qualità e una particolare cura nella ricostruzione storica dei luoghi. Un po’ meno nell’adattamento del romanzo: nel film, infatti, “Lubo” nella sua nuova esistenza, fatta di sotterfugi e furberie, riesce quasi sempre a cavarsela (impara a guidare da solo, si sposta dalla Svizzera all’Italia quasi senza difficoltà). Ma nel suo percorso lascia dietro di sé anche un paio di figli concepiti con alcune delle donne che ha conquistato: decisamente meno di quelli narrati durante le scorribande raccontate nell’opera letteraria (che si intitola “Il seminatore” non per nulla) quasi come se si fosse voluta fare a monte una piccola opera di attenuazione di questa particolare forma di vendetta “genetica” raccontata da Cavatore.

“Lubo” è dunque sia un film sulla vita di un uomo che si reinventa come può, sospeso tra il bene e il male, che sulle ingiustizie storiche. Forse, per raccontare entrambe, Diritti si prende un po’ troppo tempo: 181’ minuti sono sempre e comunque impegnativi.

LUBO di Giorgio Diritti, con Franz Rogowski, Christophe Sermet, Joel Basman.
Liberamente tratto dal romanzo di Mario Cavatore, “Il Seminatore”

Recensione “Lubo”

Spoiler 21.03.2024, 13:30

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