Cinema

Vacanze di Natale? Niente cinepanettoni

Avevano ragione i Vanzina: il loro film del 1983 è molto meglio del genere di maggior successo nel cinema italiano dei Duemila

  • 21.12.2023, 09:15
  • 22.12.2023, 12:05
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Di: Michele Serra 

Sosteneva Oreste del Buono che eravamo tutti ammalati, e che il virus si chiamava nostalgia. È un articolo vecchio più di trent’anni, dei tempi in cui dirigeva la rivista Linus. Chissà cosa penserebbe oggi, che abbiamo normalizzato la retromania musicale, che i vestiti vintage costano più dell’alta moda di stagione (tanto da essere falsificati in massa), che amiamo intrattenerci con storie che ci riportano a trenta, quaranta, cinquanta, sessant’anni fa. O ancora di più.
A ogni anniversario che ci scorre davanti agli occhi – è diventato impossibile perderseli, da quando c’è internet – inevitabilmente parte la corsa alla riscoperta, e spesso perfino alla rivalutazione di questo o quel prodotto culturale che un tempo veniva considerato indifendibile. Quest’anno ci toccano i cinepanettoni, visto il quarantesimo di Vacanze di Natale.
Film invero importante: ha lanciato il genere arcitaliano capace di dominare il cinema della vicina penisola tra gli anni Novanta e Duemila, così come spaghetti western, poliziottesco e horror/giallo avevano fatto nelle decadi precedenti. Tutto questo a sua insaputa, e a dispetto dei suoi creatori.

Già, perché il primo Vacanze di Natale nel 1983 era in realtà tutt’altro: quella pellicola doveva essere solo la versione invernale di Sapore di mare, altra hit assoluta dei fratelli Vanzina uscita solo pochi mesi prima, che aveva messo insieme per la prima volta Jerry Calà e Christian De Sica (sarebbero stati gli stessi Vanzina a mettere insieme De Sica con Massimo Boldi, qualche anno dopo, in Yuppies). Sicuramente i Vanzina sapevano bene che il padre di Christian, Vittorio De Sica, era stato protagonista un quarto di secolo prima insieme ad Alberto Sordi di un film che partiva dalla stessa idea: Vacanze d’inverno di Camillo Mastrocinque. Dunque il primo Vacanze di Natale era effettivamente un doppio derivato di prodotti popolari provenienti da epoche diverse, e di conseguenza un prevedibile successo. Nonostante il successo però, l’epoca d’oro – commerciale, beninteso – del cinepanettone sarebbe arrivata solo a partire dal 1990 e avrebbe conosciuto il suo apice all’inizio del nuovo millennio, con i registi Enrico Oldoini e Neri Parenti a sfornare pellicole in serie. E proprio questa seconda vita dei cinepanettoni è sempre stata inizialmente osteggiata dai Vanzina, che ritenevano il loro film di un’altra categoria rispetto ai prodotti degli anni successivi. Non avevano torto.

Grazie alla qualità sempre più scarsa, allo slittamento verso un trionfo di volgarità, sessismo-razzismo-omofobia e alla perpetuazione di stereotipi regionali italiani sempre più triti i cinepanettoni distribuiti dalla stagione 2000-01 alla stagione 2012-13 sono veri trionfi: in otto casi su tredici, i film italiani che ottengono il miglior incasso in sala. E anche estendendo il confronto con la performance economica dei film stranieri, rimangono sempre tra i primi dieci film della stagione. Sono i Natali sul Nilo, a Miami, a New York, in crociera: titoli che chiunque fosse vivo in quegli anni sa snocciolare come la formazione della squadra del cuore. I dati raccolti e catalogati da Marco Cucco nel suo saggio del 2013 Il Cinepanettone nell’economia del cinema italiano dimostrano inequivocabilmente la forza commerciale del genere, ma non riescono naturalmente a rendere conto dell’insofferenza di critici e cinefili. Già nel 1997 su La Repubblica Franco Montini (che alla critica ha dedicato anche un documentario presentato qualche mese fa a Venezia) raccontava come «nella più profonda provincia ci sono sale che aprono solo da Natale all’Epifania, perché in questi giorni il cinema torna ad essere un grande consumo popolare, come nell’Italia di quarant’anni fa, quando si staccavano da seicento a ottocento milioni di biglietti a stagione. Per questi motivi, il Natale cinematografico rappresenta un fenomeno a sé, destinato a premiare soprattutto i prodotti simil-televisivi che, se uscissero in qualsiasi altro periodo dell’anno, passerebbero inosservati».
A parte (partentesi personale) l’invidia che provo nei confronti di periodi che ancora potevano pesare l’importanza economica e culturale del cinema con gli stessi criteri degli anni Cinquanta, Montini metteva giustamente in evidenza come i cinepanettoni nei Novanta fossero costruiti con criteri televisivi (lo stesso Boldi aveva costruito la sua fama soprattutto sul piccolo schermo), fatto che costituiva fondamentale differenza rispetto alle precedenti commedie di Natale all’italiana, quelle cominciate qualche anno prima con Adriano Celentano in Il bisbetico domato di Castellano e Pipolo. E anche rispetto al capostipite vanziniano.

Soprattutto però, affermava ancora una volta che quello non era cinema. Piuttosto anti-cinema. In effetti, il cinepanettone nel suo periodo di massimo splendore commerciale assomiglia sempre meno al cinema e sempre più a una raccolta di sketch messa insieme con metodo scientifico allo scopo di intrattenere il pubblico italiano, con sensibilità – e soprattutto tradizioni comiche – notoriamente diverse a seconda della provenienza geografica.
Eppure i cinepanettoni un merito l’hanno avuto, si potrebbe dire: quello di aver portato il cinema italiano verso una compiuta industrializzazione e modernizzazione. Infatti, sono pellicole che integrano la pratica del product placement, che riescono a coinvolgere co-produttori stranieri. Per questi motivi – oltre a mantenere a galla e indipendente Aurelio de Laurentiis – sono stati capaci di diventare unici veri avversari delle pellicole hollywoodiane al botteghino, e spesso venduti bene anche all’estero: oltre alla Svizzera, in Spagna, Sudamerica e – pare – anche in Russia. Un risultato positivo che è necessario riconoscere, al di là delle giustificate polemiche nate per i contributi che lo stato italiano ha spesso messo a disposizione di queste produzioni. E soprattutto, al di là di meriti artistici francamente difficili da trovare.
Fortunatamente, non sembra oggi essere in atto alcuna operazione che li voglia attribuire ai cinepanettoni, che restano storicizzati come a cui siamo affezionati, ma senza dubbio brutti. Riscoperta sì, rivalutazione no. Meglio così.
A parte quel primo caso, quel Vacanze di Natale originale del 1983, che davvero non merita di essere considerato solo il capostipite di una genealogia davvero poco esaltante nella storia del cinema italiano.

Dossier: “Vacanze di Natale”

  • Dossier: “Vacanze di natale” (1./5)

    Alphaville 18.12.2023, 12:05

    • Lina Simoneschi Finocchiaro ed Enrico Bianda
  • Dossier: “Vacanze di Natale” (2./5)

    Alphaville 19.12.2023, 12:05

    • Lina Simoneschi Finocchiaro
  • Dossier: “Vacanze di Natale” (3./5)

    Alphaville 20.12.2023, 12:05

    • Lina Simoneschi Finocchiaro
  • Dossier: “Vacanze di Natale” (4./5)

    Alphaville 21.12.2023, 12:05

    • Lina Simoneschi Finocchiaro
  • Dossier: “Vacanze di Natale” (5./5)

    Alphaville 22.12.2023, 12:05

    • Enrico Bianda

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