Erich Fromm nasce in una famiglia ebraico-ortodossa a Francoforte. Nel 1933 fugge dalla Germania a causa dell’avvento del nazismo. Stabilitosi negli Stati Uniti, insegna in varie università, tra cui Columbia e Yale. È autore di innumerevoli pubblicazioni, tra cui L’arte di amare.
Un nuovo sguardo su Marx e Freud
All’istituto di Francoforte, a cui Fromm giunge dopo gli studi di sociologia all’Università di Heidelberg, matura l’idea di coniugare i modelli di pensiero di Freud e di Marx. Delineando un’innovativa chiave di lettura sociologica (si pensi qui in particolare a The Method and Function of an Analytic Social Psychology), capace di tracciare l’influenza dei fattori economici e sociali sull’inconscio, sottolinea il ruolo della famiglia quale ponte tra le strutture economiche dominanti e l’individuo, dimostrando come e in quale misura i valori del pensiero economico dominante permeino nell’io attraverso i processi di assimilazione (acquisizione dall’ambiente) e di socializzazione (tensione verso l’altro). Fromm descrive con eccezionale lucidità e anticipo i rapporti di potere, il ruolo dell’autorità paterna e i modelli di genere instillati nelle menti dei figli, illustrando la generazione di assetti psicologici che (ri)producono, per dirla alla Bourdieu (che arriverà soltanto anni dopo), l’ordine sociale. Da qui, ne ricava anche l’idea di carattere sociale, un insieme di tratti interiorizzati che rendono il soggetto funzionale al contesto socioeconomico.
Nonostante il suo straordinario contributo, Fromm si allontanò progressivamente dall’Istituto. A differenza di Adorno e Horkheimer, che privilegiavano un approccio teorico e critico, Fromm optò per un’analisi più pragmatica e orientata al cambiamento sociale.
Il successo letterario e il disagio dell’uomo moderno
Nel 1941, durante il suo esilio negli Stati Uniti, Erich Fromm pubblica il suo saggio forse più celebre, Fuga dalla libertà. In questa opera, esplora il profondo disagio dell’uomo moderno che, lasciatosi alle spalle le certezze delle strutture feudali, si ritrova smarrito nelle logiche della società capitalista. La condizione di libertà, seppur (apparentemente) conquistata, genera insicurezza e paura, spingendo l’uomo a cercare rifugio in regimi autoritari e totalitari che, offrendo una falsa promessa di forza e stabilità, mascherano, a detta dell’autore, il desiderio di sottomissione e la paura della responsabilità.
La critica al capitalismo
Tacciato da Marcuse nel suo Eros e civiltà (1955) come semplice revisionista neofreudiano, troppo fiducioso nei valori del lavoro produttivo e dell’amore), visti come categorie che non scardinavano a sufficienza le basi oppressive del capitalismo, Fromm ribadisce, anche nelle successive opere, che è proprio il capitalismo contemporaneo a ridurre l’uomo a mero ingranaggio del consumo, erodendo la sua spontaneità e la possibilità di condurre un’esistenza autentica. Denunciando altresì il ruolo manipolatorio dei mass media, e il modo in cui il lavoro trasforma l’uomo in entità passiva (“la civiltà sta producendo macchine che si comportano come uomini e uomini che si comportano come macchine”), avverte, inoltre, che una liberazione dell’eros priva di una visione politica e sociale più ampia rischia di scivolare in un vuoto politico, incapace di produrre un cambiamento reale.
L’arte di coltivare l’arte
Il tema dialettico fra simbiosi e autonomia nelle relazioni ritorna in alcuni lavori preparatori che serviranno poi all’autore per completare il pensiero contenuto ne L’arte di amare (1956). L’individuo, separato dalla natura, condizione che lo rende cosciente di sé e libero, soffre di solitudine e tende all’unione coll’altro. La realizzazione di questo bisogno può tuttavia sfociare in rapporti di sottomissione o dominio (masochismo e/o sadismo), in cui l’Io si fonde simbioticamente con un altro io o con un’istituzione onnipotente, perdendo perciò la propria integrità. Nelle migliori delle ipotesi, può esprimersi in forme di “amore maturo”, dove la separazione dell’io è mantenuta, ma si realizza un’unione profonda e reciproca. Di fondo, nel saggio Fromm propone al grande pubblico un’idea di amore da coltivare con disciplina e consapevolezza, in polemica anche con le interpretazioni romantiche dell’amore. Non solo, dunque, uno strumento che permette di superare l’isolamento a cui l’uomo è costretto ma, omaggiando Nietzsche e la sua La gaia scienza, un’arte da essere appresa allo stesso modo di musica, pittura e medicina, coltivata con pazienza, umiltà e sacrificio.
Il lascito di un umanesimo integrale
Con un ampio corpus di opere e una riflessione protrattasi fino agli ultimi giorni trascorsi nel suo appartamento di Muralto, Fromm mise in guardia dalle forze che snaturano l’essenza umana, riducendola a istinti biologici o logiche economiche. Al contrario, egli sottolineò la necessità di coltivare la creatività e la solidarietà collettiva, affinché la libertà diventi la più alta forma di realizzazione personale e societaria. In un’epoca segnata da nuove insicurezze, fragilità relazionali e derive autoritarie, il messaggio di Fromm, che si inserisce a pieno titolo nella tradizione umanistica, emerge oggi come un invito a riscoprire il potenziale costruttivo dell’essere umano.

Incontro con Erich Fromm
RSI Cultura 21.03.1980, 12:46