Già la scelta di chiamarsi Francesco, dissero fin da subito in molti, lo obbligò terribilmente. A essere il Papa degli ultimi, degli altri, di chi viene messo ai margini non solo dal mondo ma anche dalla Chiesa. Francesco come il poverello d’Assisi, l’alter Christus che lasciò una vita di agi per dedicarsi ai poveri. Ma da ieri c’è qualcosa di più. È anche la sua sepoltura, infatti, avvenuta fuori dalle Mura Leonine, a obbligare ancora. Non più lui, ovviamente, ma il suo successore. A che cosa? A non retrocedere sui processi che lui ha aperto. Santa Maria Maggiore significa, infatti, scegliere di riposare per sempre in mezzo al popolo, alla gente, confermando la rottura del muro di separazione fra lo stesso popolo e chi siede al soglio di Pietro. Chi verrà dopo Jorge Mario Bergoglio, chiunque sarà, non potrà eludere la sfida della prossimità e della normalità che lui ha inaugurato. Nulla potrà essere come prima dopo il ciclone del primo Papa chiamato da un Paese, come disse lui stesso la sera del 13 marzo 2013, «quasi alla fine del mondo».
Francesco ha scelto Santa Maria Maggiore perché «ispirato dalla Madonna», ha spiegato in queste ore il cardinale Rolandas Makrickas, arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. E senz’altro il primo motivo, profondo, è proprio questo. Una sua devozione per Maria, dunque, in particolare per l’icona bizantina di Maria Salus Populi Romani custodita nella stessa basilica, quell’icona che a cui Pio XII nel 1950 affidò le preghiere per il dogma dell’Assunzione in cielo di Maria. Bergoglio raggiungeva Santa Maria Maggiore prima e alla fine di ogni suo viaggio internazionale. Il popolo prega qui quando vuole ricevere grazie, miracoli e lui, il pastore che ha sempre voluto sentire l’odore del gregge, faceva altrettanto, un po’ come quando a Buenos Aires si accodava, senza dare preavviso, ai pellegrinaggi mariani per le strade della diocesi di cui era arcivescovo.
Ma non è tutto qui. La scelta di Santa Maria Maggiore ha anche una motivazione più esteriore, ma non meno significativa. In qualche modo facendosi seppellire lì, ancora una volta Francesco prende le distanze dalla curia romana, in particolare dalla sua parte più «marcia» – non tutta la curia è così – con la quale non ha mai voluto avere nulla a che fare. Bergoglio già da cardinale soffrì moltissimo per certe cattiverie di Roma. Nel conclave del 2005, quello che eleggerà Ratzinger, racimolò diversi voti, sufficienti per inimicarsi e spaventare parte della curia stessa. Che iniziò a cucirgli addosso dossier interni per screditarlo. Il suo teologo di fiducia, Victor Manuel Fernandez, non venne nemmeno ricevuto nella Congregazione per l’Educazione Cattolica quando Bergoglio lo nominò rettore della Pontificia Università Cattolica d’Argentina. L’affronto fu tremendo. Dopo aver scritto un libricino sul significato simbolico e teologico dei baci, il mondo conservatore accusò Fernandez di essere fuori dall’ortodossia, e incolpò Bergoglio di proteggerlo. Quest’ultimo subì in silenzio. Non reagì. Ma chiaro che il solco con Roma divenne profondo e non fu del tutto rimarginabile.
Durante il suo pontificato Francesco ha preso decisioni che non tutta la curia ha apprezzato. In particolare, all’inizio, le sue decisioni sui temi finanziari, non furono soft. Da tempo lo Ior, la banca vaticana, era sotto l’occhio del ciclone per la presenza di conti correnti sospetti. Francesco si adoperò da subito per riformarlo con nuovi statuti (aggiornati nel 2023), ponendo limiti ai mandati dei dirigenti, regole più stringenti sui conflitti di interesse e affidando i controlli a revisori esterni (Statuto dell’Istituto per le Opere di Religione). Grazie a queste azioni il Vaticano uscì dalla “lista nera” dei paradisi fiscali e iniziò a parlare il linguaggio della trasparenza. Ma la strada rimase in salita, per le resistenze interne ancora presenti e per l’avvento di nuovi scandali. Simbolica fu poi la mossa di togliere ai cardinali gli affitti di favore per gli appartamenti vaticani: un segnale che le regole valgono per tutti. Questo il terremoto che i suoi detrattori a Roma temevano arrivasse quando ancora era a Buenos Aires. Questo il terremoto che ha poi avuto luogo contribuendo ad aumentare la distanza siderale fra lui e una parte di curia. Questa, almeno in parte, la distanza che lo ha infine spinto a farsi seppellire lontano dalla Città del Vaticano, nella basilica amata dai romani. Ed è significativo che ieri, dopo il corteo fino a Santa Maria Maggiore, ad attenderlo in basilica c’erano dei senzatetto. Il Papa che ha rifiutato i privilegi curiali se ne è andato come uno del popolo, di strada, vescovo di Roma della prossimità e della normalità.
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