Filosofia e Religioni

Perché il “non licet” di Francesco all’ordinazione diaconale

Con le sue recenti dichiarazioni Bergoglio sembra bloccare un’eventuale discussione del tema nella prossima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi - Eppure, le motivazioni addotte sono tutt’altro che cogenti

  • 6 giugno, 14:03
  • 6 giugno, 14:20
Il Pontefice guarda verso nuovi orizzonti

Il Pontefice guarda verso nuovi orizzonti

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Di: Francesco Lepore 

Il non licet di Papa Francesco al diaconato femminile, inteso come ministero ordinato, è risuonato chiaro e netto la sera del 20 maggio. Alle ore 20:00 di quella giornata, secondo il fuso orario Eastern Time, CBS e Paramount+ hanno infatti mandato in onda, come speciale del programma 60 Minutes, la lunga intervista rilasciata da Bergoglio a Norah O’Donnell e registrata il 24 aprile a Santa Marta. «Se si tratta di diaconi con gli Ordini sacri, no. Ma le donne – così Francesco al riguardo – hanno sempre avuto, direi, la funzione di diaconesse senza essere diaconi, giusto? Le donne sono di grande servizio come donne, non come ministri, come ministri in questo senso, all’interno degli Ordini sacri».

I motivi del no erano stati di fatto esplicitati, alcuni mesi prima, dallo stesso pontefice nel libro-intervista con Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin dal titolo Non sei solo. Sfide, risposte, speranze (Salani, Milano 2023 [in commercio dal 24 ottobre], pp. 288) quasi contemporaneamente alla fine della prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Menzionando la specifica richiesta avanzatagli il 12 maggio 2016 dall’Unione internazionale Superiore generali (UISG) e la pressoché immediata istituzione di una  Commissione di studio sul diaconato delle donne in attività fino al 2019, il Papa aveva richiamato la dottrina conciliare dell’unità del sacramento dell’ordine, articolato nei tre gradi di vescovo, presbitero e diacono, col dire: «L’ordine sacro è riservato agli uomini. Ricordiamo che il diaconato è il primo grado dell’ordine sacro nella Chiesa cattolica, seguito dal sacerdozio e infine dall’episcopato» (p. 172). Dopo aver sottolineato come l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede gli avesse «fatto presente che la Commissione Teologica Internazionale aveva studiato a fondo il tema negli anni Ottanta, stabilendo che il ruolo delle diaconesse era assimilabile alle benedizioni delle abadesse» (ibid.), non aveva nascosto che tra gli esperti e le esperte da lui nominati sotto la presidenza del cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, «sebbene ci fossero stati accordi parziali e si fosse convenuto di proseguire i lavori, ognuno nel proprio Paese», si erano registrate «opinioni diverse sul fatto che avessero o meno il sacramento dell’ordine» (p. 173). Da qui l’istituzione di una nuova Commissione di studio che, presieduta dal cardinale arcivescovo de L’Aquila Giuseppe Petrocchi, si è riunita tra il giugno 2021 e il settembre 2022. Ma nell’uno e nell’altro caso la relativa documentazione non è stata mai finora pubblicata.

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È pertanto comprensibile che l’Assemblea sinodale, nella Relazione di sintesi dello scorso 28 ottobre, abbia espressamente chiesto di conoscerne i risultati nella seconda e conclusiva sessione (2-27 ottobre 2024) quale valido strumento per il proseguimento «della ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato». Passaggio, questo, riportato nel documento del 14 marzo scorso, con cui la Segreteria generale del Sinodo (14 marzo) ha attuato quanto disposto dalla lettera papale del 22 febbraio: predisporre, cioè, «la traccia di lavoro che precisi il mandato» di dieci «Gruppi di studio», i cui ambiti sono stati sinteticamente indicati dallo stesso Bergoglio e i cui lavori dovranno possibilmente terminare nel giugno 2025 È al gruppo di studio su Alcune questioni teologiche e canonistiche intorno a specifiche forme ministeriali, ritenuto contesto idoneo a porre «in maniera adeguata la questione sull’eventuale accesso delle donne al diaconato», che il documento ha affidato il compito del già citato auspicio della «ricerca teologica e pastorale» da parte dell’Assemblea sinodale.

Alla luce di quanto finora detto, balza subito agli occhi l’atteggiamento disomogeneo del Papa, di cui sono però fuori discussione l’impegno e la disponibilità all’ascolto e alla trattazione della materia senza preconcette chiusure. Eppure, le recenti dichiarazioni alla CBS rischiarano d’apparire non solo un altolà al Sinodo, e quasi un atto d’imperio inficiante il concetto stesso di sinodalità, ma anche una problematica riproposizione di una teologia del diaconato parziale e disancorata dalla lezione conciliare. Non a caso è alla lettura del Vaticano II e, implicitamente, di Lumen Gentium 29 che la Relazione di sintesi rimanda con un’osservazione illuminante sul tema: «Le incertezze che circondano la teologia del ministero diaconale sono dovute anche al fatto che nella Chiesa latina esso è stato ripristinato come grado proprio e permanente della gerarchia solo a partire dal Concilio Vaticano II. Una più approfondita riflessione a riguardo consentirà di illuminare anche la questione dell’accesso delle donne al diaconato». Si tratta di abbandonare, pertanto, quella prospettiva giuridicistica, per cui il diaconato è ridotto a mero passo verso l’ordinazione presbiterale e a tappa di un cursus honorum canonisticamente codificato a partire dal XII secolo: lo hanno fondatamente rilevato due dei più grandi esperti di diaconato femminile al mondo, nonché componenti della prima Commissione bergogliana, quali la docente universitaria Phillys Zagano e il teologo gesuita Bernard Pottier). Sintetizzando quanto da oltre cinquant’anni è acclarato senza tema di dubbio, a partire dai poderosi studi di Roger Gryson e Cipriano Vagaggini fino a quelli più recenti e non meno validi di teologhe di ogni latitudine – anche se non menzionate, vanno qui almeno ricordate per l’area italiana Cristina Simonelli, Serena Noceti, Cettina Militello e Moira Scimmi –, Zagano e Pottier così osservano: «Che le donne possano rappresentare ed effettivamente rappresentino Cristo, il Signore risorto, è un fatto teologico e antropologico che non può essere negato. Che la Chiesa abbia stabilito d’autorità di non avere la facoltà (facultas) di ordinare sacerdote le donne sostiene l’idea di una possibile reistituzione delle donne nell’ordine diaconale, un ministero di servizio. L’immensa quantità di attestazioni letterarie, epigrafiche e storiche concernenti le donne diacono rimanda a fatti ancora più numerosi al riguardo, non ancora scoperti o a noi definitivamente preclusi. Ma noi sappiamo che esse sono esistite. Abbiamo prove solide che fossero ordinate dai vescovi e che servissero questi vescovi nelle attività ministeriali. Oggi parrebbe che niente vieti alle donne di accedere all’ordinazione diaconale».

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Una lettura serena e non pregiudiziale delle fonti aiuterebbe molto in ciò. Ma le parole di Papa Francesco sembrano tracciare una traiettoria ben diversa e indirizzare al massimo verso un diaconato femminile istituito; eppure, come notato da Cristina Simonelli, «l’idea di un’istituzione […] potrebbe essere accolta, direi, unicamente se rinunciasse a dare a queste donne il titolo di diacone, perché questo fatto creerebbe una doppia via dello stesso ministero: ordinato per gli uomini, istituito per le donne, veramente molto “particolare”». Certo bisognerebbe pur sempre capire quanto incida su Francesco, al pari di tanti altri, lo spauracchio di un non meglio identificato femminismo, pronto, una volta aperta la breccia con l’accesso delle donne al diaconato ordinato, ad assaltare la diligenza (pardon la Chiesa) per giungere al presbiterato e l’episcopato delle stesse. Che si tratti di un timore infondato lo si è visto con le riflessioni di Zagano e Pottier: l’una e l’altro hanno ragione da vendere nel citare Lumen Gentium 29 che, riprendendo un passo volutamente incompleto delle Constitutiones Ecclesiae Aegyptiacae, ricordava come ai diaconi «sono imposte le mani “non ad sacerdotium sed ad ministerium”». Ma questa è tutta un’altra storia.

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