Accompagnamento spirituale. Si tratta di una realtà importante negli ospedali, nelle case di cura, nelle residenze per gli anziani. In che modo cappellani, pastori, assistenti spirituali stanno accanto alle persone malate? Ne ha parlato in un lungo approfondimento (qui uno stralcio del servizio) “Chiese in diretta”, settimanale ecumenico di informazione religiosa di RSI, anche alla luce di un convengo, svoltosi all’Università di Friburgo, sul tema. Ad organizzare l’evento sono state la Chiesa evangelica riformata in Svizzera, la Conferenza dei vescovi svizzeri e l’Associazione professionale della cappellania in ambito sanitario.
Il tema dell’assistenza ai malati è per le chiese un elemento centrale della pratica ecclesiale e della riflessione teologica. Racconta Susanne Altoè, vicepresidente dell’Associazione professionale per la cura pastorale nel settore sanitario e assistente spirituale presso l’ospedale di AFOL nel Canton Zurigo: «Coloro che prestano servizio negli ospedali sul cartellino accanto al nome hanno scritto Assistente spirituale cattolico. Non è sempre facile attraversare le corsie con questa etichetta addosso. Quando entro in una stanza e mi presento, suscito ogni tipo di reazione. Alcuni mi chiedono cosa voglia dire. Altri dicono: Ah, lei si occupa dell’anima. Assistenza spirituale è diventata una definizione ingombrante, forse obsoleta, per molti incomprensibile. Però mi dà anche l’opportunità di spiegare che cos’è l’assistenza spirituale, che cosa offre e quale regalo possa rappresentare la bellezza dell’incontro spirituale, un regalo che non cambia solo i pazienti, ma anche me. L’incontro non è mai a senso unico, ma sempre un’esperienza tra cielo e terra, all’interno di un contesto ospedaliero altamente tecnologico e strutturato. Per me non si tratta tanto di portare, di dare qualcosa al paziente, ma di prestare attenzione alla vita di tutte le persone che incontro. Quello che cerco di fare è creare uno spazio affinché qualcosa di più grande di me possa realizzarsi facendo nascere qualcosa per la persona che ho davanti che nessuno di noi due avrebbe potuto immaginare»
Le parole di Altoè esprimono bene la bellezza e la complessità del ruolo di chi accompagna dal punto di vista spirituale persone malate all’interno di ospedali, case di cura o di riposo. L’accompagnamento spirituale è stato come detto il tema del convegno ecumenico di Friburgo. Per la prima volta questa importante figura professionale è stata al centro di una riflessione condivisa dalla Chiesa cattolica e da quella evangelica riformata. Il compito non è stato facile né scontato.
La prima difficoltà, infatti, consiste nel fatto che in Svizzera non solo ogni cantone, ogni diocesi, ma praticamente ogni ospedale declina il ruolo e la figura dell’assistente spirituale in modo diverso. E la seconda nasce a partire dalla traduzione del termine. Nella Chiesa cattolica si parla di assistente spirituale, ed è quindi un compito affidato ai cappellani, ossia a preti che agiscono con il mandato del vescovo. Mentre in casa riformata viene preferito il termine cura d’anime.
Per Simon Pink Keller, teologo e professore di Spiritual Care all’Università di Zurigo, occorre tornare al secolo scorso. Dice: «Inizialmente il moderno sistema sanitario aveva via via eliminato la dimensione spirituale all’interno dell’universo dell’assistenza medica. Gradualmente, però, ci si è accorti di aver commesso un errore e la dimensione spirituale è stata reintrodotta nei servizi sanitari in Svizzera, sotto il cappello di Spiritual Care, che è diventata un po’ la parola chiave per definire il processo integrativo della dimensione spirituale all’interno dei servizi sanitari in Svizzera. Questo processo è stato particolarmente forte nel campo delle cure palliative. Oggi il modello della Spiritual Care è molto diffuso e si ritiene generalmente che tutte le figure e tutti gli ambiti che hanno a che fare con i pazienti debbano includere e considerare anche la dimensione spirituale nel loro ruolo professionale. Ma accompagnamento spirituale non è il sinonimo, diciamo così, moderno dell’accompagnamento spirituale tradizionale, ma una delle forme dello Spiritual Care. Si potrebbe definirla forse la sua forma più specializzata. Ma la vera novità di oggi è che essa opera in modo interprofessionale».