Filosofia e mistica

Simone Weil e il segreto di san Francesco

Così la scrittrice e pensatrice francese si accostò al santo di Assisi - La scoperta d’un cristianesimo fondato non su credenze, teologie e culti, ma sul vedere il sacro nella natura e in ciascuna persona

  • Oggi, 14:00
  • Oggi, 15:12
Immagine 2025-01-17 095113.png
  • ethics.org.au
Di: Paolo Rodari 

Simone Weil e Francesco d’Assisi. L’accostamento può sembrare ardito, ma in realtà non lo è. A spiegarlo in modo sorprendente è un saggio d’una intellettuale italiana con cittadinanza svizzera, Sabina Moser, che ha già al suo attivo diversi importanti studi su Weil. In Una santità geniale. Simone Weil in dialogo con san Francesco (Le Lettere) Moser accosta le due figure spiegando come la distanza sia solo apparente.

Weil, ebrea di origine, di formazione laica e illuminista, intellettuale coltissima, anche dopo essersi avvicinata al cattolicesimo rimase molto critica nei confronti della Chiesa, decidendo di mantenersi «sulla soglia», in una posizione, cioè, che le permettesse di rimanere vicina e lontana allo stesso tempo. Ed anche se ben poco sembra accomunarla al poverello di Assisi, uomo medievale del vangelo sine glossa e dell’adesione umile all’istituzione religiosa, i suoi scritti risuonano di frequenti riferimenti a Francesco, che suscitò da subito in lei un’adesione senza riserve. È noto, tra l’altro, come proprio ad Assisi, nella Porziuncola, Weil visse un’esperienza capitale – decisiva per il suo passaggio dall’agnosticismo alla fede - quando qualcosa più forte di lei la costrinse, secondo il suo stesso racconto, a compiere un gesto che non aveva mai compiuto prima, ovvero inginocchiarsi.

Weil scorse in Francesco, fin dal momento in cui ne venne a conoscenza, la raggiunta perfezione spirituale, quella a cui lei stessa aspirava e in cui era convinta consistesse la pienezza umana: vide che, nell’annullamento del proprio ego, egli agiva «mediante Dio, da parte di Dio», e che proprio in questo modo amava gli esseri umani, non con un amore naturale, inevitabilmente venato di egocentrismo, ma «attraverso Dio»; qui risiedeva l’elemento di attrazione verso il poverello di Assisi, in cui la pensatrice francese riconobbe realizzato il suo stesso desiderio di povertà, intesa come svuotamento di sé e semplificazione.

Così, attraverso i cinque capitoli del libro, Moser dimostra ampiamente come ciò che più accomunò i due fu l’aver preso estremamente «sul serio la parola del Vangelo, modellando su di essa la loro vita». Non solo, entrambi delinearono quella «santità nuova, anzi geniale» richiesta in special modo nei tempi bui, che consiste nell’immettere nel mondo i semi di una logica diversa, non centrata sull’io ma sulla “divina follia” dell’amore che, a differenza della logica che domina nel mondo, basata sulla forza e sul potere, è davvero creativa, apportatrice di cose nuove: per questo geniale, perché è un’invenzione, è il mettere al mondo qualcosa che non c’era, e di cui pure c’era estrema necessità.

Sta qui, nell’illustrare le caratteristiche di questa santità geniale e di come i due personaggi in oggetto l’abbiano incarnata, il fulcro, come indica il titolo stesso, di tutto il saggio, che non solo offre un documentato e significativo approfondimento del pensiero weiliano, ma apre interessanti piste di riflessione per i nostri tempi, non meno drammatici di quelli vissuti da Simone, e che non meno bisogno hanno del genio dell’amore.

Weil era convinta che il cristianesimo contenesse in sé la forza di quella santità geniale, capace di immettere nella storia novità dirompenti e benefiche molto più di qualsivoglia ideologia; l’argomento è diffusamente discusso da Moser e sono pagine particolarmente preziose oggi, quando si assiste invece all’estenuarsi del cristianesimo, e da più parti ci si chiede se e come sia possibile evitarne la definitiva scomparsa dalle società occidentali.

La proposta incarnata da Weil, nel pensiero e nella vita – al pari di quella di Francesco, l’alter Christus - fu quella di un cristianesimo mistico, ovvero fondato non su credenze, teologie e culti, ma sull’adesione della propria persona a Cristo, che significa imparare a vedere il sacro (ovvero il bene) che c’è nella natura e in ciascuna persona: una proposta che lascia intravedere un cristianesimo rinnovato, capace di parlare ancora ai nostri tempi.

23:57

Mistica contemporanea

Geronimo 21.04.2020, 11:35

  • iStock

Correlati

Ti potrebbe interessare